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Mistica.Blog - Pagine di mistica e spiritualità a cura di Antonello Lotti

 

FAQ sulla mistica (domande e risposte)

 

Vincent van Gogh, Notte stellata, olio su tela, 1889, New York, Museum of Modern Art

Vincent van Gogh, Notte stellata, olio su tela, 1889, New York, Museum of Modern Art

 

 

Domandare è un gesto fondamentale della nostra umanità, anche se non sempre abbiamo le risposte a disposizione. Ed ogni risposta trovata non è mai assoluta o definitiva. 

 

 

 

Indice

 

INTRODUZIONE

  1. Cosa si intende per mistica?

  2. Qual è l'origine del termine "mistica"?

  3. Esistono diversi tipi di mistica?

  4. Quali sono le differenze?

  5. I fenomeni straordinari (estasi, visioni, etc.) appartengono alla mistica?

  6. Cosa si intende per ascesi?

  7. C'è differenza fra ascesi e mistica?

  8. Ci sono delle tappe da percorrere nella vita spirituale?

  9. In che consiste la via purgativa?

  10. E quella illuminativa?

  11. Ed infine, quella unitiva?

  12. Quindi la via mistica è quella propriamente unitiva?

  13. Occorre percorrere tutti questi gradini per arrivare all'unione con Dio?

  14. In che consiste la contemplazione?

  15. La contemplazione è la stessa cosa di mistica?

  16. Quali sono i tratti caratteristici dell'esperienza mistica cristiana?

  17. Si parla anche di "distacco" nella vita mistica. Cosa si intende?

  18. Per vivere il distacco nella vita mistica, occorre attuarlo anche fisicamente?

  19. Tutti possono vivere una vita mistica?

  20. Spesso vengono proposti modelli da imitare (santi, etc.). Può essere utile?

  21. La mistica è una forma di gnosi?

  22. L'unione mistica è stabile e duratura?

  23. Che ruolo svolge la meditazione all'interno della mistica?   

  24. Qual è il senso della preghiera nella mistica?   

  25. Quali sono i rapporti fra mistica e poesia?   

  26. Qual è il rapporto fra la mistica e il mondo d'oggi?   

  27. Esiste un conflitto fra mistica e religione?   

  28. Come è giudicata la mistica da parte della Chiesa cattolica?   

  29. Come viene pensata la mistica dalla maggior parte delle persone?   

  30. Il mondo è pieno di problemi: guerre, fame, distruzioni e povertà di ogni genere. Che senso può avere parlare di mistica in questa realtà?   

  31. In che modo la mistica affronta il problema della sofferenza umana?   

  32. Che concetto ha la mistica del peccato?   

  33. Si può parlare di mistica in altre religioni e culture diverse rispetto alla cristianità?  

 


 

 

Introduzione

Queste domande-risposte sono essenziali e sintetiche al fine di consentire un primo approccio alla comprensione della "mistica" nei suoi vari aspetti. Vale la pena di accennare al fatto che si tratta di risposte personali e non hanno alcuna pretesa di "ortodossia". Laddove consigliato, si invita a collegarsi alle varie pagine che trattano in modo più approfondito alcuni temi. Sono convinto infatti che non si possa restringere la mistica a poche ed essenziali domande-risposte e che i suoi temi vadano ampliati attraverso un approfondimento personale. 

Questa serie di domande-risposte riguardano la mistica in generale. Se sarà il caso, questa pagina verrà aggiornata con nuove domande-risposte su argomenti più specifici, sempre nello spirito di Mistica.info. Per quanto attiene ai riferimenti bibliografici, vengono dati solo i titoli dei volumi (ed eventualmente le pagine): il riferimento completo può essere consultato alla pagina della BIBLIOGRAFIA.  

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1. Cosa si intende per mistica?

Con il termine mistica si intendono molte cose. Se considerato come aggettivo, si parla di teologia mistica, di stato mistico, atto mistico, esperienza mistica, orazione mistica, fenomeno mistico, etc. Se lo consideriamo invece come sostantivo, possiamo definire, con M. Vannini (cfr. Storia della mistica occidentale), la mistica come l'esperienza dell'Uno, ossia dell'unità profonda – al di là delle forme e delle modalità con cui viene vissuta ed espressa nel caso singolo – tra uomo e Dio. Nelle vecchie definizioni si parlava di una "conoscenza sperimentale di Dio e della sua azione". 

Scrive A. Silesius (Il pellegrino cherubico, I, 6): «Per trovar mio fine ultimo e mio primo principio / Devo cercare a fondo me in Dio e Dio in me / Diventando quel ch'egli è: luce nella luce, / Un Verbo nel Verbo, un Dio in Dio».

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2. Qual è l'origine del termine "mistica"?

Dal punto di vista filologico la parola mystikós deriva da mystés: colui che è stato iniziato ai misteri. L'aggettivo mystikós proviene dal verbo myo = chiudere la bocca e gli occhi. Da qui deriva mysterion, mistero, che nel mondo ellenistico riguarda il rito segreto di iniziazione che mette in contatto l'uomo con la divinità. L'iniziazione è indicata con il termine mysteriasmós e l'iniziato con mystés. Mystikós è adoperato in senso generale per parlare dei "misteri" ossia i riti iniziatici delle religioni perciò chiamate misteriche.

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3. Esistono diversi tipi di mistica?

Essenzialmente due: una mistica dell'essenza (detta anche speculativa) e una mistica del sentimento (detta anche nuziale).

 

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4. Quali sono le differenze?

La mistica del sentimento riguarda aspetti psicologici, contingenti e limitati della persona e proprio per questo alcuni autori non la considerano una vera e propria mistica. Essa infatti, come afferma ancora M. Vannini (op. cit.), permette di inserire al suo interno un repertorio devozionale, estatico, visionario, tipico della pietà religiosa (non solo cattolica). Si preoccupa del particolare più che dell'universale. La mistica speculativa è sempre un'esperienza, ma dello spirito, dell'Uno. Come tale è al di là di ogni contenuto e determinazione (e quindi esula da componenti psicologiche o fenomeni individuali), seppure in senso dialettico.

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5. I fenomeni straordinari (estasi, visioni, etc.) appartengono alla mistica?

Il discorso intorno ai c.d. fenomeni mistici straordinari ha sempre destato un certo interesse, a volte esclusivo, come se la mistica potesse restringersi a ciò. Secondo quanto affermato da A. Royo Marin (cfr. Teologia della perfezione cristiana), in ambito cristiano, queste "grazie" particolari non devono essere né desiderate né richieste a Dio. Non sono necessarie per la salvezza né per la santificazione, in quanto possono essere ricevute anche in peccato mortale. Tali grazie non sono poi ordinate al bene del soggetto cui sono concesse, ma a profitto degli altri e della comunità in cui vive. Sono indipendenti dalla santità e quindi non occorre che i santi le abbiano.

Per un approfondimento:
I FENOMENI STRAORDINARI NEI MISTICI

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6. Cosa si intende per ascesi?

Etimologicamente il termine ascesi significa esercizio, allenamento e si applica sia all'esercizio fisico sia alla riflessione filosofica. Ben presto, però, questa parola è venuta a significare gli sforzi mediante i quali si vuole riuscire a progredire nella vita morale e religiosa. Questi sforzi spesso, ma non necessariamente, sono metodici. Stando alla generalità dei casi, l'ascesi spirituale da un lato impone una disciplina corporale, dall'altro suppone degli esercizi di orazione mentale sottoposti a metodi più o meno stretti. Partendo dalla necessità, per l'uomo, di uno sforzo per conseguire la perfezione, tutte le spiritualità parlano di ascesi e di vita ascetica: ogni persona spirituale deve praticare «esercizi spirituali». Anche nella vita cristiana è necessario lo sforzo umano per cooperare alla grazia divina e disporsi a ricevere un incremento di vita spirituale; e poiché questo sforzo di purificazione e di cooperazione non è mai completo ed è quindi necessariamente permanente, alcuni autori includono sotto il nome di «ascetica» tutta la teologia spirituale.

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7. C'è differenza fra ascesi e mistica?

Ci sono opinioni differenti al riguardo. La prima afferma che la via della vita spirituale è unica e quindi l'ascetica e la mistica rappresentano due tappe dello stesso cammino: la tappa ascetica serve da preparazione a quella mistica. La seconda opinione afferma l'esistenza di due vie, ognuna delle quali è in grado di condurre alla perfezione. La via ascetica costituisce il cammino normale e comune riservato alla maggior parte delle persone. La via mistica rappresenta un mezzo straordinario, proprio di alcune anime privilegiate.

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8. Ci sono delle tappe da percorrere nella vita spirituale?

In molti autori si ha una divisione della vita spirituale in vari gradi o tappe da percorrere. Normalmente sono tre: 1) via purgativa (o delle anime incipienti); 2) via illuminativa (delle anime proficienti); 3) via unitiva (delle anime perfette).

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9. In che consiste la via purgativa?

Gli incipienti nella vita spirituale sono quelli che, vivendo abitualmente nello stato di grazia, hanno un certo desiderio di perfezione, ma conservano un attaccamento al peccato veniale e sono esposti a ricadere di tanto in tanto in alcune colpe gravi. La purificazione dell'anima è il lavoro per queste anime che consiste nell'espiazione del passato e nel distacco dal peccato e dalle sue occasioni per l'avvenire. Tale pratica consiste essenzialmente nella preghiera, nella penitenza per riparare il passato, nella mortificazione per assicurare l'avvenire, nella lotta contro i vizi capitali e contro le tentazioni.

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10. E la via illuminativa?

È chiamata così perché consiste principalmente nell'imitare Nostro Signore con la pratica positiva delle virtù cristiane; ora Gesù è la luce del mondo e chi lo segue non cammina nelle tenebre. Poiché la via illuminativa consiste nell'imitazione di Nostro Signore, per entrarvi bisogna adempiere queste tre condizioni, che ci rendono capaci di seguirlo con la pratica della virtù di cui ci ha dato l'esempio: 1) bisogna aver già acquistato una certa purezza di cuore; 2) bisogna che l'anima abbia mortificato le sue passioni; 3) infine è necessario avere, con la meditazione, acquistato convinzioni profonde su tutte le grandi verità, al fine di poter dare nell'orazione maggior tempo agli affetti e alla preghiera propriamente detta. I mezzi impiegati sono: a) applicarsi diligentemente all'orazione affettiva per attingervi la conoscenza, l'amore e l'imitazione del divino modello; b) praticare pure, in modo speciale ma non esclusivo, quelle virtù morali che, liberandole dagli ostacoli che si oppongono all'unione con Dio, cominceranno ad unirle a Colui che è l'esemplare d'ogni perfezione; c) praticare quindi le virtù teologali, che avevano già praticate nella via purgativa di conserva con le virtù morali, in modo che si sviluppino in loro e diventino il principale motore della loro vita. 

Scrive A. Silesius (Il pellegrino cherubico, V, 282): «È come il sole Dio: chi verso lui si volge è illuminato e subito confortato dal suo volto».

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11. Ed infine, quella unitiva?

Si ha quando si è maturi per l'unione abituale ed intima con Dio. Il fine è quello di vivere unicamente per Dio, che abita in noi. Vivere in modo intenso, con tutto il fervore che viene dall'amore; e quindi dimenticare se stessi per non pensare più che a quel Dio che vive in noi, ad amarlo con tutta l'anima, a concentrare in lui tutti i pensieri, i desideri, le azioni. I caratteri distintivi della via unitiva si compendiano in uno solo: il bisogno di semplificare tutto, di ridurre tutto all'unità, vale a dire all'intima unione con Dio per mezzo della divina carità. L'anima vive quasi costantemente alla presenza di Dio, e si diletta di contemplarlo vivente nel suo cuore, diligentemente distaccandosi dalle creature. Onde cerca la solitudine e il silenzio; costruisce a poco a poco nel cuore una celletta in cui trova Dio e gli parla cuore a cuore. Si forma allora tra Dio e lei una dolce intimità. 

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12. Quindi la via mistica è quella propriamente unitiva?

La mistica, scrive M. Vannini (op. cit.), è esperienza di unità (ablatio omnis alteritatis, come la definisce il Cusano),  pur in modo dialettico e con le limitazioni espresse più avanti (v. Domanda 22). Il Catechismo della Chiesa cattolica afferma al n. 2014: «Il progresso spirituale tende all'unione sempre più intima con Cristo. Questa unione si chiama "mistica", perché partecipa al mistero di Cristo mediante i sacramenti - "i santi misteri" - e, in lui, al mistero della Santissima Trinità. Dio ci chiama tutti a questa intima unione con lui, anche se soltanto ad alcuni sono concesse grazie speciali o segni straordinari di questa vita mistica, allo scopo di rendere manifesto il dono gratuito fatto a tutti». Come già fatto notare nelle pagine di questo sito (Concetti fondamentali), la Chiesa restringe l'esperienza mistica ai soli sacramenti. Ed in quella occasione è già stato detto che non si può "regolare" la mistica attraverso il solo esercizio di determinate liturgie o apparati ritualistici. Accettare il rischio di un "al di là" del modo consueta di rapportarsi a Dio è aprirsi ad un mondo di bellezza infinita e di verità sublime, nell'umiltà di chi accetta quello che Dio ha preparato per sé e per la vita di tutti. Aprirsi al mistero vero di Dio significa cercare di non limitare la sua azione a piccoli o grandi atti umani codificati, ma accettare di essere condotti in spazi inesplorati, sostenuti da Dio stesso che è Bene assoluto, Amore infinito, Verità che non delude. 

Scrive A. Silesius (Il pellegrino cherubico, IV, 181): «Più nulla l'anima beata sa dell'alterità: è solo una luce e una gloria con Dio».

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13. Occorre percorrere tutti questi gradini per arrivare all'unione con Dio?

Scrive Teresa d'Avila, rivolgendosi alle sue consorelle: «è molto importante rendersi conto che Dio non conduce tutti per la stessa strada; infatti può accadere che colui che si crede più indietro sia invece più avanti agli occhi del Signore. Pertanto, non perché tutte in questa casa pratichino l'orazione devono essere tutte contemplative. È impossibile, e sarebbe triste per quella che non lo è, non capire questa verità, che cioè la contemplazione è solo un dono di Dio, e poiché non è necessaria alla nostra salvezza né la si esige da noi, non tema di esserne mai richiesta; per questo non cesserà di essere perfetta in sommo grado».

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14. In che consiste la contemplazione?

Il termine "contemplare", cioè guardare a lungo con stupore e ammirazione, è composto di due parole cum e templum; cum = con indica simultaneità e contemporaneità, comunanza e unione; templum = spazio celeste, spazio circoscritto dal cielo abbracciato dallo sguardo, o tempio consacrato a una divinità. Insieme, le due parole assumono il significato di "abitare questo spazio celeste o tempio divino". Nella filosofia greca antica il termine è sinonimo di intuizione razionale. A partire da Plotino, questa attività risulta essere distinta dall'intuizione, attraverso cui si conosce l'oggetto. Successivamente, i Padri della chiesa presero a considerare la contemplazione come riflessione dell'anima su se stessa e della sua graduale purificazione per accostarsi a Dio. Nel corso del tempo, si vanno delineando due correnti: l'intellettualismo, di derivazione tomista, che considera la contemplazione come un'azione dell'intelletto che genera l'amore; l'altra, detta volontarismo, rappresentato da Bonaventura e Duns Scoto che invece considera la contemplazione come amore e frutto di amore. La contemplazione viene ad indicare una forma superiore di conoscenza caratterizzata dalla semplicità dell'atto, di conseguenza essa si realizza in un atto di semplice intuizione della verità (simplex intuitus veritatis) o di riposo tranquillo sull'oggetto conosciuto: contuitus, fruitio, possessio veritatis. Allora la contemplazione è lo stupore che genera il silenzio quasi abbagliato che segue l'ascolto dell'ineffabile Dio. È il silenzio contemplativo, che non è assenza di parole o di suoni, ma pienezza della Parola e dell'armonia suprema (M.Herraiz, in Dizionario di mistica, p. 338-339).

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15. La contemplazione è la stessa cosa di mistica?

Scrive A.Tanquerey che a forza di pensare a Dio, uno fissa amorosamente lo sguardo su di lui, e si ha così la contemplazione, che è una delle note caratteristiche della via unitiva. La parola contemplazione indica, in senso proprio, un atto di semplice vista intellettuale, astraendo dai vari elementi affettivi o immaginativi che l'accompagnano; ma, quando l'oggetto contemplato è bello ed amabile, l'atto si associa ad ammirazione e amore. Per estensione si chiama contemplazione un'orazione che ha per qualità speciale il predominio di questo semplice sguardo; onde non è necessario che questo atto duri tutto il tempo dell'orazione, basta che sia frequente e accompagnato da affetti. L'orazione contemplativa si distingue quindi dall'orazione discorsiva, perché esclude i lunghi ragionamenti; e dall'orazione affettiva, perché esclude la molteplicità degli atti che qualificano quest'ultima. Pertanto, la contemplazione è all'interno del percorso mistico e, come dice Teresa d'Avila, non occorre essere contemplativi per vivere un'unione con Dio.

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16. Quali sono i tratti caratteristici dell'esperienza mistica?

I tratti caratteristici dell'esperienza mistica (non solo cristiana) sono i seguenti: 1) Presenza di Dio, intimo e trascendente; 2) Sentimento di oggettività e di certezza; 3) Gratuità; 4) Transitorietà; 5) Passività attiva o recettiva; 6) Ineffabilità; 7) Linguaggio simbolico e paradossale.

Per un approfondimento di tutti questi temi:
CONCETTI FONDAMENTALI RELATIVI ALLA MISTICA

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17. Si parla anche di "distacco" nella vita mistica. Cosa si intende?

Il distacco non è un concetto teologico. Secondo una formulazione da dizionario, «è l'atteggiamento interiore di uno spirito libero da qualsiasi legame equivoco ed egoistico verso persone e cose. Anche se in senso più ampio esso può coincidere, e di fatto coincide, con altri termini come:  mortificazione, rinuncia,  spogliamento,  abnegazione, ecc., non va confuso, da una parte, né con l'insensibilità e la durezza, e dall'altra, con l'egoistica indifferenza verso tutto e verso tutti oppure con il disprezzo delle cose create, oppure con la falsa tranquillità di chi si gode beatamente la propria pace e il proprio benessere. Il suo significato specifico è precisamente questo:  libertà interiore di fronte alle persone e alle cose» (B.Zomparelli, in Dizionario di mistica). Il distacco è il tema principale di tutta la teologia mistica di Eckhart, che la considera come «la più alta e migliore virtù attraverso cui l'uomo possa unirsi nel modo più intenso e stretto a Dio, e per grazia diventare ciò che Dio è per natura, e attraverso cui l'uomo sia maggiormente simile all'immagine che egli era in Dio, nella quale non vi era differenza tra lui e Dio, prima che Dio creasse le creature» (Trattato "Del distacco").

Per un approfondimento sulle tematiche di Eckhart:
MEISTER ECKHART

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18. Per vivere il distacco nella vita mistica, occorre attuarlo anche fisicamente?

Nel corso della storia della spiritualità si sono avute molte esperienze tra cui spicca quella del monachesimo, costituita da un vero e proprio allontanamento dalla comunità delle persone per vivere nel deserto (= privazione) una vita di purificazione a più stretto contatto con Dio. Purtuttavia, ritengo valido quanto scritto da Meister Eckhart (Istruzioni spirituali, n.6): «Mi è stata posta la seguente domanda: alcuni vorrebbero separarsi completamente dagli altri e stare soli – e in ciò troverebbero la pace, e nello stare in chiesa: è questa la cosa migliore? Io ho risposto di no ed ecco perché. Chi è come deve essere, in verità, si trova bene in ogni luogo e con chiunque, ma chi non è come deve essere non si trova bene in nessun luogo e con nessuno. Colui che è come deve essere, ha Dio vicino a sé in verità, e chi possiede Dio in verità, lo possiede ovunque: per la strada e accanto a qualsiasi persona, così come in chiesa, in solitudine o nella cella. Se un tale uomo lo possiede veramente, e possiede lui soltanto, nessuno gli può essere di ostacolo. Questo perché egli ha Dio solo e a Dio solo va la sua intenzione, e tutte le cose divengono per lui Dio solo. Un tale uomo porta Dio in tutte le sue opere e in ogni luogo, ed è Dio soltanto a compiere tutte le opere di un tale uomo. L'uomo deve cogliere Dio in ogni cosa, e abituare il proprio spirito ad avere Dio sempre presente in sé, nella propria intenzione e nel proprio amore». 

Scrive A. Silesius (op. cit, II, 117): «È necessaria la solitudine; ma se non sei volgare puoi essere dovunque come in un deserto».

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19. Tutti possono vivere una vita mistica?

A detta degli autori spirituali, tutti sono chiamati (= vocazione) agli stati mistici. La chiamata alla perfezione è infatti universale e la perfezione è impossibile fuori degli stati mistici. Ma, come afferma D.Mongillo nel Dizionario di mistica, «l'unione con Dio, nella tradizione cristiana, è il nucleo più sublime della rivelazione della vocazione umana e, nello stesso tempo, la condizione più ardua ad essere descritta, la più delicata ad essere educata: la gloria della meta è la croce della via».

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20. Spesso vengono proposti modelli da imitare (santi, etc.). Si tratta di una cosa utile?

Scrive Eckhart a questo proposito (cfr. Istruzioni spirituali, n. 17): «Ciascuno mantenga il proprio modo di agire e faccia entrare in esso tutti gli altri e vi accolga ogni bene e ogni modo di agire. Gli uomini non possono seguire tutti una sola strada. Lo stesso avviene per l'imitazione dell'austerità dei santi. Tu puoi amare un tale modo di agire, esso ti può piacere, senza che per questo tu debba imitarlo. Nostro Signore ha digiunato quaranta giorni, ma in ciò nessuno deve mettersi a imitarlo. Egli ha compiuto molte opere affinché noi lo imitiamo spiritualmente, non materialmente; perciò bisogna impegnarsi a seguirlo nello spirito, giacché egli guarda più al nostro amore che alle nostre opere. Noi dobbiamo imitarlo nel modo che ci è proprio».

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21. La mistica è una forma di gnosi?

Secondo H.Vorgrimler (cfr. Nuovo Dizionario Teologico, p.326), la "gnosi" (dal greco = conoscenza) ha un senso cristiano. Egli afferma: «In questo caso significa la conoscenza carismatica facente parte della fede, avvolta dall'amore, che nel Nuovo Testamento è attribuita al perfetto uomo "spirituale", che è nello Pneuma; con essa l'uomo "comprende" a fondo, in maniera sempre più credente, l'incomprensibile amore di Dio, e di conseguenza si fa afferrare sempre più da questo amore in quanto verace e definitivo». Pertanto, la mistica, secondo quanto affermato, può intendersi una forma di gnosi, forse la più perfetta.

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22. L'unione mistica è stabile e duratura?

In realtà, nel percorso spirituale, non si raggiunge lo stato unitivo rimanendovi sempre. Anzi, proprio a quel punto, compare un'esperienza fondamentale, che Giovanni della Croce definisce come "notte oscura" o notte dello spirito. Si tratta di «un'esperienza spirituale profonda e prolungata, caratterizzata dalla sensazione di  aridità, oscurità, vuoto, vissuta e interpretata come assenza ed abbandono di Dio. Ciò che al soggetto sembra abbandono e magari castigo è, in realtà, un gesto manifesto dell'amore e del potere divino: "Dio ammaestra l'anima e la istruisce nella  perfezione dell'amore senza che essa faccia alcunché né intenda come". La illumina e purifica in forma passiva per mezzo della  "contemplazione infusa", luce divina che illumina e abbaglia, irrita per la sua immensa chiarezza e per l'indisposizione dell'anima; la fa vivere e agire con nuovi criteri e motivi che non comprende. Qualifica come "passivo" tanto l'intervento di Dio come l'atteggiamento del soggetto. È fondamentale il riferimento teologale: prossimità ombrosa, assenza desolante di Dio, che con la sua  santità e infinitezza impone modalità violente e dolorose al rapporto con l'uomo» (F.Ruiz Salvador, Dizionario di mistica).

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23. Che ruolo svolge la meditazione all'interno della mistica?

Le radici della parola “meditazione” risalgono al greco meléte che vuol dire «cura, studio, esercizio». Le sue radici latine (meditari) esprimono più propriamente il senso di preparazione e di pratica. La radice indoeuropea med- si ritrova in molte parole, tra cui medicina. All'inizio serviva per indicare ogni specie di esercizio fisico o intellettuale, ogni pratica destinata a preparare e ad affinare l'esercitante. In seguito si è distinto exercere (riservato agli esercizi fisici) da meditari (per gli esercizi dello spirito). L'esercizio della meditazione è una delle forme della preghiera contemplativa. Nella spiritualità cristiana, la meditazione indica comunemente «la forma di contemplazione in cui si succedono atti distinti dell'intelligenza e della volontà, mentre nella contemplazione propriamente detta l'attività spirituale è molto più semplice» (cfr. Nuovo dizionario di spiritualità, Edizioni Paoline). Dal XVI secolo fino ai tempi moderni, la meditazione è stata considerata anzitutto una preghiera mentale che coinvolge la riflessione più approfondita su un'idea religiosa o della Bibbia, usando le capacità mentali come stimolo all'affetto e alla buona determinazione (cfr. Nuovo dizionario di spiritualità, Libreria Editrice Vaticana). La meditazione pertanto non appartiene in modo precipuo alla vita mistica, ossia può essere considerata una specie di introduzione, ma non la caratterizza.

 

Per un approfondimento:
MEDITAZIONE CRISTIANA E LECTIO DIVINA

 

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24. Qual è il senso della preghiera nella mistica?

Ovviamente, non per tutti i mistici può valere un discorso unitario ed un unico modo di concepire la preghiera. Ma credo che quello che afferma Meister Eckhart sia particolarmente pregnante. Nel Sermone 65, Dio è amore, egli infatti dice: «Quando chiedo qualcosa pregando, non sto pregando. Quando sono unito, là dove sono presenti tutte le cose – quelle passate, quelle di ora e quelle future –, allora sono tutte ugualmente vicine e una sola cosa; tutte sono in Dio e tutte in me. Chi domanda qualcosa di diverso da Dio soltanto, lo si può chiamare idolatra e ingiusto. Quelli che pregano in spirito e verità (Gv 4,23) pregano bene. Quando io prego per qualcuno, prego nel modo più meschino. Quando non prego per nessuno e non chiedo niente, prego nel modo più vero, perché in Dio non c’è una o l’altra persona. Quando preghiamo Dio per qualcosa di diverso da lui è ingiustizia, mancanza di fede e superstizione, perché così si vuole aggiungere qualcosa a Dio. Chi fa così vuole fare di Dio un nulla e del nulla Dio».  

E Augustin Guillerand, autore certosino, su che cosa domandare quando si prega, scrive: «A Dio non si può domandare altro che Dio; Egli è tutto; donandosi, Egli dona tutto; chiedendo Lui, si chiede tutto; quando lo si ha, non si può più nulla chiedere né desiderare» (cfr. La preghiera).

 

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25. Quali sono i rapporti fra mistica e poesia?

Scrive Massimo Baldini (Il linguaggio dei mistici, pagg.44-45) che: «il linguaggio della poesia, come quello della mistica, è un linguaggio intessuto di paradossi. La paradossia risveglia l'attenzione della mente dalla letargia delle comode abitudini linguistiche, crea stupore, sorpresa, pone in nuova luce ciò che il linguaggio ordinario (o quello teologico) avevano opacizzato. Tanto il mistico quanto il poeta tendono ad essere dei sovversivi sul piano della lingua, creano il loro linguaggio via via che procedono. Anche il mistico compie a livello linguistico ciò che Eliot diceva essere tipico del poeta, e cioè “deviare il linguaggio rendendolo significativo”, e per entrambi vale ciò che Paul Valéry affermava essere proprio del “vero scrittore”, e cioè l'essere “un uomo che non trova le parole”. Il mistico ha bisogno di una lingua giovane, per questo è vittima di una crisi linguistica che lo può spingere sino a cercare di uccidere il linguaggio. Il mistico ama le antitesi, i paradossi, gli ossimori, i termini superlativi. Egli non ascolta il consiglio di Cicerone per il quale la metafora doveva essere riservata (pudens) e non ardita, infatti mostra di prediligere le metafore assolute, audaci, vive. La sua è una metaforicità tanto ardita da essere talora ebbra».

 

Per un approfondimento:
LINGUAGGIO MISTICO E POESIA

 

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26. Qual è il rapporto fra la mistica e il mondo d'oggi?

In altre pagine si diceva che tra la mistica e il mondo – inteso come la realtà o il sentire comune, anche religioso – esiste un rapporto conflittuale. E per citare alcuni esempi di contrapposizione, si diceva che la mistica ama il silenzio carico di significato, quanto il mondo ama la chiacchiera vana e prolissa. La mistica ama l’essenziale, il semplice, l’Uno, quanto il mondo ama il complesso e ricerca il sensazionale. La mistica ama l’ordinario quanto il mondo lo straordinario e l’esperienza irripetibile. La mistica ama l’attesa mentre il mondo è impaziente di giungere, di arrivare ad un risultato concreto. La mistica ama l’umiltà quanto il mondo il potere. La mistica serve, mentre il mondo comanda. La mistica desidera, mentre il mondo pretende. La mistica prega, mentre il mondo esige. La mistica si nutre di speranza, mentre il mondo la supera, illudendosi.  

 

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27. Esiste un conflitto fra mistica e religione?

A questo proposito, Marco Vannini (Storia della mistica occidentale, p. 30) scrive: «Nella nostra storia […] la mistica è stata accaparrata dalla Chiesa che ha preteso di gestire il “soprannaturale” all’interno di una istituzione, dei libri sacri, dei sacramenti, e così via. In questo modo ha bloccato la via del distacco, cioè quella via della conoscenza che, come notava Eckhart, è superiore all’amore proprio perché distacca, ossia vede sempre la finitezza, riporta sempre all’umano e con ciò elimina le pretese di appropriazione e genera spirito. Perciò nel nostro mondo la mistica ha sempre un aspetto clericale, chiuso, riduttivo, che la rende giustamente sospetta alle menti oneste».

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28. Come è giudicata la mistica da parte della Chiesa cattolica?

Per molti - non per tutti - potrebbe valere quanto scritto dal domenicano Giovanni Cavalcoli: «La pretesa di “andare oltre Dio”, di superare il Dio della rivelazione biblica, per raggiungere una migliore conoscenza, al di là di quella che ci è assicurata dalla stessa Parola di Dio e dalla dottrina cristiana, è chiaramente gnostica e assurda, in quanto è la pretesa di poter avere dell'Assoluto una conoscenza più alta di quella che ci è assicurata da Cristo e dalla sua Chiesa. [...] Per il cristiano non c'è nessuna "mistica" al di sopra del dogma e della Sacra Scrittura, perché la mistica non è altro che una interpretazione e una esplicitazione personale del dato rivelato» (Il silenzio della parola. Le mistiche a confronto, in Sacra Doctrina, n.3-4 (2002) 271-272). La mistica, a parte alcune eccezioni, è dunque considerata una pretesa o un’interpretazione personale (per ciò stesso inammissibile). In realtà la mistica non è “andare oltre Dio”, ma oltre se stessi, superando il proprio ego per raggiungere intenzionalmente Dio stesso mediante un’unione che non ammette intermediari. 

 

Per un approfondimento:
CONCETTI FONDAMENTALI RELATIVI ALLA MISTICA

 

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29. Come viene pensata la mistica dalla maggior parte delle persone?

Scrive sempre M. Vannini (op. cit.): «Essa viene intesa prevalentemente in senso psicologico, emozionale, come esperienza di “stati” eccezionali – e da questo viene il discredito che la colpisce. La mistica è divenuta così un fatto prevalentemente femminile, visionario, estatico, e con ciò è scaduta a una dimensione del patologico (alla lettera, come dimensione del páthos, della sofferenza). È infatti chiaro che si cercano “stati” eccezionali per l’inadeguatezza del presente, per la miseria della vita attuale, mentre l’esperienza dello spirito è proprio esperienza di pienezza, ricchezza, gioia nel presente. Gli “stati” appartengono allo psicologico, al particolare, alla regione infera e oscura dell’anima, ove regna comunque l’alterità di Dio. Ma là dove Dio è altro, la mistica diventa una tecnica, e il suo fine è l’utilizzazione di “doni”».

 

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30. Il mondo è pieno di problemi: guerre, fame, distruzioni e povertà di ogni genere. Che senso può avere parlare di mistica in questa realtà?

Parlare di mistica significa parlare dello spirito. Ma ciò non riguarda questioni lontane, nel tempo e nello spazio, dalla nostra vita reale. Anzi, attiene al nucleo stesso della nostra esistenza terrena. L’esperienza dello spirito non annulla infatti la nostra realtà concreta, ma la nobilita, ossia la riempie di significato, proprio perché la vita nello spirito non è alternativa alla vita materiale. Per quanto riguarda il “fare del bene”, ossia avere attenzione nei confronti dei bisogni materiali, vale, secondo il mio parere, quanto affermato da Meister Eckhart: «Anche se fossi rapito in spirito come san Paolo e sapessi che un malato aspetta da me un po’ di minestra, riterrei preferibile, per amore, uscire da tale rapimento e soccorrere l’indigente in un amore più grande» (Istruzioni spirituali, n.10). L’esperienza spirituale permette non solo di comprendere e soddisfare, per quanto possibile, i bisogni materiali, ma di dare un significato più profondo ad ogni realtà concreta, permette di vedere con gli stessi occhi di Dio l’umanità bisognosa d’amore. 

I bisogni non sono poi soltanto quelli più strettamente materiali, come si potrebbe in un primo momento pensare. A tal proposito, Henri de Lubac scrive: «L’uomo non vive di solo pane. Lo spirito non attende, non può attendere. La fame dell’anima è brutale quanto la fame del corpo. Anch’essa è mortale. Ma, se si fa poca attenzione a quelli che muoiono per la fame corporale, quelli che muoiono per la fame dell’anima non attirano attenzione alcuna…».

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31. In che modo la mistica affronta il problema della sofferenza umana?

Il tema della sofferenza (del dolore e del male del mondo) è il tema per eccellenza della vita ed ovviamente nel corso dei secoli sono state date molte risposte a questa domanda, ma quasi sempre parlare della sofferenza e del male significa farlo attraverso domande più che con affermazioni, anche nell'ambito della mistica. 

Il Catechismo della Chiesa Cattolica (309-314) parla proprio della Provvidenza e dello scandalo del male. Afferma: «Se Dio Padre onnipotente, Creatore del mondo ordinato e buono, si prende cura di tutte le sue creature, perché esiste il male? Ma perché Dio non ha creato un mondo a tal punto perfetto da non potervi essere alcun male? A questo interrogativo tanto pressante quanto inevitabile, tanto doloroso quanto misterioso, nessuna rapida risposta potrà bastare. È l’insieme della fede cristiana che costituisce la risposta a tale questione. Non c’è un punto del messaggio cristiano che non sia, per un certo aspetto, una risposta al problema del male». Quali sono le risposte che possono essere trovate? «Dio onnipotente, essendo supremamente buono, non permetterebbe mai che un qualsiasi male esistesse nelle sue opere, se non fosse sufficientemente potente e buono da trarre dal male stesso il bene», scrive Agostino. 

Spesso la sofferenza è legata al sentimento della mancanza di Dio: Dio è come se si nascondesse, non ci fosse nei momenti di dolore della vita. A questo proposito risponde M. Eckhart: «La buona volontà non può essere privata di Dio, anche se è vero che, talvolta, ne è privato il sentimento, il quale si immagina che Dio ne sia andato. Dunque cosa devi fare? Proprio ciò che faresti se tu fossi nella più grande consolazione. Non vi è miglior consiglio per trovare Dio, che trovarlo là dove si è disposti a perderlo. La buona volontà non perde mai Dio e mai ne sente la mancanza» (Istruzioni spirituali, n. 11). Scrive Simone Weil: «Quando si ama Dio attraverso il male in quanto tale, l'oggetto dell'amore è veramente Dio» (L'ombra e la grazia).

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32. Che concetto ha la mistica del peccato?

Secondo una definizione teologica (cfr. H. Vorgrimler, Nuovo Dizionario Teologico) il peccato «designa la decisione libera e consapevole, quindi pienamente responsabile ed esistenzialmente radicale, contro la volontà di Dio chiaramente riconosciuta». Tutta la mistica è orientata ad una unione sempre più immediata con Dio e quindi con la sua volontà, un'adeguazione della propria volontà a quella di Dio. Pertanto, la vita mistica rifiuta il peccato come tentativo dell'uomo di costituirsi indipendentemente da Dio. Il fine della vita mistica è la perfezione che non ammette il peccato, inteso come decisione libera e responsabile di rifiutare Dio. Il mistico sa che adeguarsi alla volontà divina non significa rinnegare la propria natura, ma vivere in pienezza la vita che gli è stata donata. Scrive Jean-Pierre de Caussade ne L'abbandono alla Provvidenza divina: «L'ordine di Dio, il beneplacito di Dio, la volontà di Dio, l'azione di Dio, la grazia, tutto questo è una sola e stessa cosa. Il fine di questa cosa divina in questa vita è la perfezione. L'ordine di Dio è la pienezza di tutti i nostri momenti; esso fluisce sotto mille apparenze diverse che diventando, momento per momento, il nostro dovere presente, formano, fanno crescere e perfezionano in noi l'uomo nuovo fino alla pienezza che la divina Sapienza ha ordinato che sarebbe stata in noi».

Scrive Meister Eckhart: «La ragione per cui la natura e il fondo dell'uomo, dai quali traggono la loro bontà le opere dell'uomo, sono del tutto buoni, è che lo spirito dell'uomo è completamente rivolto a Dio. Impegna ogni tuo sforzo perché Dio divenga grande per te, sì che tutta la tua attenzione e il tuo impegno siano per lui in ogni tuo agire. In verità, più fai così, migliori sono le tue opere, quali che siano. Se tu ti stringi a Dio, lui ti coprirà di ogni suo bene. Cerca Dio, e troverai Dio e ogni bene» (cfr. Istruzioni spirituali, n. 5).

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33. Si può parlare di mistica in altre religioni e culture diverse rispetto alla cristianità? 

In realtà il discorso è alquanto complesso e non si può rispondere con un sì o un no. È vero che il termine mistica deriva dal mondo greco in relazione ai "misteri" celebrati a partire dal VII sec. a.C. ma il legame appare piuttosto debole. M. Vannini (op. cit.) traccia un percorso della mistica occidentale, citando alcuni filosofi (a partire da Eraclito, Platone e altri) e accennando, nell'introduzione, ai vari rapporti che la mistica ha nei confronti di alcune religioni. Egli afferma che in ambito ebraico, in cui la mistica prende il nome di qabbālāh, essa è ridotta ad un'interpretazione esoterica della Scrittura condotta coi più vari criteri, anche fantasiosi e che dà adito ad una sapienza segreta. In ambito islamico, i mistici sufi non hanno avuto grande fortuna, essendo stati malvisti ed accusati spesso di bestemmiare, dal momento che fra Dio e l'uomo esiste un'assoluta frattura e l'atteggiamento dell'uomo religioso è quello di ricercare la sottomissione alla Sua legge e non l'unione con Dio. Il buddhismo è più una filosofia che una religione e non ha un concetto di Dio al punto che si può considerare sostanzialmente a-teo. La mistica è unione spirituale fra uomo e Dio e come tale è impossibile parlarne nel buddhismo. Nell'induismo, che è una religione fortemente spirituale, si parla di un'unione naturale con Dio: non si può essere fuori da Dio, dal momento in cui Dio non è "altro" dalla realtà.

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