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Mistica.Blog - Pagine di mistica e spiritualità a cura di Antonello Lotti

 

Francesco di Assisi

 

Caravaggio, San Francesco in estasi, particolare, 1595 ca., USA, Hartford, Wadsworth Atheneum

Caravaggio, San Francesco in estasi, particolare, 1595 ca.,
USA, Hartford, Wadsworth Atheneum

 

 

«Beato il servo che accumula nel tesoro del cielo i beni che il Signore gli mostra e non brama di manifestarli agli uomini con la speranza di averne compenso, poiché lo stesso Altissimo manifesterà le sue opere a chiunque gli piacerà. Beato il servo che conserva nel suo cuore i segreti del Signore».
(Francesco d'Assisi, Regole ed esortazioni, XXVIII, FF 178)

 

 

 

Indice

 

 

 

Bibliografia

 

È impossibile citare l'immensa bibliografia su Francesco d'Assisi. Questi che seguono sono solo brevi ed utili riferimenti, accessibili ai più:

  • FONTI FRANCESCANE. Terza edizione rivista e aggiornata, Editrici Francescane, 2011

  • Alfonso Pompei, Francesco d'Assisi, in Gerhard Ruhbach, Josef Sudbrack (cur.), Grandi mistici dal 300 al 1900, EDB, Bologna 1987 (pagg. 177-199)

  • Giambattista Montorsi, Francesco d'Assisi maestro di vita. Il messaggio delle Fonti Francescane, Messaggero, Padova 1983

  • La letteratura francescana, (a cura di Claudio Leonardi), vol. 1: Francesco e Chiara d'Assisi, Fondazione Valla/Mondadori, Milano 2004

 

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Nota Biografica

  • Nasce intorno al 1182 (forse autunno del 1181) ad Assisi e viene battezzato col nome di Giovanni di Pietro di Bernardone. Il padre vuole comunque che lo si chiami Francesco.

  • Nel 1198 partecipa all'assalto e alla successiva distruzione della Rocca di Assisi, simbolo del potere imperiale.

  • Fra popolo, borghesia e nobili della città di Assisi scoppia una guerra civile, che coinvolge anche Perugia (ove è riparata buona parte dei nobili assisani). Francesco fa parte delle truppe del comune di Assisi. L'esercito è però sconfitto nella battaglia di Collestrada. Francesco è catturato e come prigioniero viene rinchiuso nel carcere di Perugia per un anno.

  • Nel 1203 viene liberato. Dopo una lunga e grave malattia, nel 1205 parte per la Puglia per diventare cavaliere e combattere con Gualtiero di Brienne. All'altezza di Spoleto ha una visione misteriosa che lo costringe e ritornare ad Assisi. Da questo momento comincia la sua conversione.

  • Nel giugno del 1205, Francesco partecipa ad una festa (che sarà l'ultima) con gli amici di sempre. In una data imprecisata, c'è un episodio che lo segnerà: incontra per strada un lebbroso e, sceso da cavallo, dopo avergli fatto l'elemosina, gli dona un bacio.

  • Verso la fine del 1205 a San Damiano, il crocifisso della chiesa gli parla e lo invita a "restaurare la Chiesa". Inizia il conflitto col padre che lo convoca in giudizio davanti al vescovo di Assisi. Qui rinuncia all'eredità paterna e si spoglia perfino degli abiti che indossava in quel momento.

  • Nel 1206 serve come sguattero in un monastero. Poi, vestito da eremita, si reca a Gubbio aiutato da un amico e lì si prodiga nell'assistenza ai malati di un lebbrosario. Ritornato ad Assisi, inizia a riparare la chiesetta di San Damiano, mendicando in città le pietre che gli servivano. Fino al 1208, restaura le chiese di San Pietro della Spina e della Porziuncola in Santa Maria degli Angeli.

  • Il 24 febbraio 1208 partecipa alla messa in Santa Maria degli Angeli, per la festività di san Mattia. Dopo aver ascoltato il vangelo in cui Cristo si rivolge agli apostoli inviandoli per il mondo, decide di smettere la veste da eremita e indossa una rude tonaca, si cinge con una fune e a piedi nudi comincia ad annunciare la penitenza.

  • Nell'aprile del 1208, Bernardo di Quintavalle e Pietro Cattani chiedono di condividere la sua vita e si associano a lui. Giunge poco dopo anche frate Egidio. Iniziano a predicare divisi in due gruppi dapprima nella Marca di Ancona e successivamente, dopo che si erano aggiunti altri tre frati, raggiungono Poggio Bustone nella valle Rieti e Firenze.

  • Nella primavera del 1209 (forse 1210) Francesco scrive la prima bozza di regola che decide di sottoporre all'approvazione della Chiesa. Si presenta al papa Innocenzo III che l'approva, incaricandoli della predicazione penitenziale. Ritornando, gli ormai dodici frati si stabiliscono in un tugurio a Rivotorto. Solo dopo l'autorizzazione ad usare la Porziuncola da parte dell'abate di San Benedetto del Subasio, si stabiliscono qui definitivamente. Quel luogo diverrà la chiesa madre dell'Ordine.

  • Nel marzo del 1211 (forse 1212), Francesco accoglie Chiara e la riveste dell'abito religioso. Da lì a poco, fisserà la sua dimora a San Damiano. Negli anni fra il 1213 e il 1215 Francesco parte per la Spagna, deciso a raggiungere il Marocco per predicare in quei luoghi. Una malattia lo costringe a tornare indietro prima di essere arrivato.

  • Negli anni fra il 1217 e il 1220, i frati compiono diverse missioni in Germania, Francia, Ungheria, Spagna e Marocco. Nel 1219 si incontra col Sultano d'Egitto. L'anno successivo cinque frati, inviati in Marocco, vengono uccisi.

  • Il 29 novembre del 1223, papa Onorio III, che è succeduto ad Innocenzo III, morto a Perugia il 16 luglio 1216, approva la Regola con la bolla "Solet annuere".

  • Tra il 14 e il 15 settembre 1224, Francesco, nel luogo della Verna, ha la visione del Serafino crocifisso e riceve le stimmate della Passione. Peggiora nel frattempo la sua malattia agli occhi.

  • Nel 1226 le sue condizioni si aggravano e viene portato nel palazzo del vescovo di Assisi. Sentendo prossima la fine, Francesco chiede di essere portato alla Porziuncola, morendovi, sulla nuda terra, la sera del 3 ottobre. Il 16 luglio 1228 è proclamato santo. Il 22 aprile 1230 vengono conclusi i lavori della basilica inferiore di Assisi e il 25 maggio avviene la traslazione delle sue spogli mortali nella nuova basilica, dalla chiesa di San Giorgio.

 

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  Benozzo Gozzoli, San Francesco e la stigmatizzazione

Benozzo Gozzoli, La stigmatizzazione di Francesco

 

 

Opere principali e scritti su Francesco

 

Per l'esame degli scritti di e su Francesco d'Assisi, seguo quanto è stato scritto da Giambattista Montorsi, nel libro citato precedentemente.

Diversi sono gli scritti lasciati come molti quelli smarriti. La sua è una scrittura per necessità o per zelo apostolico e non certo per professione. Egli esorta e consiglia i frati e i fedeli, per trasmettere disposizioni legislative e per preghiera. La lingua che Francesco usa per la predicazione è quella del popolo di allora, un "volgare" che sicuramente conosceva meglio del latino. Eppure, ad eccezione del Cantico delle Creature, tutti i suoi scritti sono in latino. Nonostante Francesco sapesse scrivere (e non era cosa diffusa in quei tempi) spesso ama dettare, lasciando libertà nello stile anche se esigendo fedeltà allo spirito. Nelle Fonti Francescane vengono raccolti i suoi scritti suddividendoli in questo modo:

  • Le varie Regole: la Regola non bollata, in quanto non sottoposta all'approvazione pontificia, fu scritta nel 1221, anche se fu nel 1209 che papa Innocenzo III approvò oralmente questa forma di vita apostolica; La Regola Bollata fu scritta invece nel 1223 a Fontecolombo, nella valle di Rieti con la collaborazione di frate Leone e frate Bonizio; la Regola per i romitori, scritta fra il 1217 e il 1221, è stata composta da Francesco per tutti quei frati che vivevano negli eremi.

  • Il Testamento fu invece dettato negli ultimi giorni di vita ed è una sintesi autobiografica della sua esperienza spirituale.

  • Le Ammonizioni sono invece state raccolte in occasione dei vari capitoli. In tutto sono 28, con argomenti eterogenei.

  • Fra gli altri scritti della prima parte delle Fonti Francescane troviamo anche il Piccolo testamento, dettato a Siena nel 1226, in occasione di una severa malattia e due brevi Scritti inviati a santa Chiara.

  • La seconda parte degli scritti di Francesco è invece riservata alle Lettere. Molte di queste, sicuramente scritte, non ci sono pervenute, ma fra quelle che esistono, si tratta di circolari di carattere dottrinale o semplici biglietti occasionali. Si ricordano qui soprattutto la Lettera a tutti i fedeli e la Lettera a tutti i chierici.

  • Una parte molto importante degli scritti è costituita dalle lodi e dalle preghiere. In particolare, si ricordano le Lodi delle virtù, le Lodi di Dio altissimo, frutto dell'esperienza mistica della Verna e che risalgono al 1224, Il Cantico delle Creature, composto fra il 1225 e l'anno successivo.

 

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I francescani dei primi tempi si fondarono sicuramente più sulla vita di Francesco che sulle regole scritte. Per questo le biografie sono molto importanti. Esse hanno inteso trasmettere il Francesco della storia e le sue vere intenzioni, seppure le testimonianze sia frutto di precisi momenti storici che possono averle condizionate. Ricordiamo qui le biografie principali:

  • La Vita prima di Tommaso da Celano: nato da famiglia nobile della Marsica, di Tommaso non si conosce molto. Ha una grande preparazione biblica ed agiografica; è un elegante scrittore latino e forse per questo papa Gregorio IX gli affida l'incarico di scrivere la vita di Francesco. Tommaso si è basato sulle sue conoscenze dirette, sulle parole di Francesco da lui stesso udite, sulle bolle dei pontefici, su fonti orali e scritte diverse.

  • La Vita seconda di Tommaso da Celano: nata a seguito del capitolo di Genova del 1244 soprattutto per completare alcune lacune e per sanare contrasti nati dopo la morte di Francesco in seno all'Ordine francescano. Giungono altri documenti testimoniali e particolarmente dai tre compagni più vicini a Francesco, Angelo, Ruffino e Leone. Tommaso da Celano completa il racconto biografico e dà un più preciso rilievo ai singoli elementi della spiritualità del Santo. Tommaso da Celano scrisse anche un Trattato dei miracoli fra il 1252 e il 1253, raccogliendo, su sollecitazione del ministro generale Giovanni da Parma, le notizie riguardanti i miracoli operati dal santo.

  • La Leggenda Maggiore di Bonaventura da Bagnoregio: nato intorno al 1217, da piccolo fu guarito da Francesco, come riporta la sua testimonianza nel Prologo. Entrato nell'Ordine giovane, inizia lo studio della teologia che lo porterà ad essere maestro. Nel capitolo generale del 1260, riceve l'incarico di preparare una biografia ufficiale di Francesco. Raccoglie tutte le testimonianze di cui può disporre, ma non trova molto materiale inedito. Si potrebbe dire che la sua risulta essere un'opera compendiaria delle biografie di Tommaso da Celano, legate da un filo conduttore nuovo: la conformità della vita di Francesco a quella di Cristo. Bonaventura scrive quasi contemporaneamente una Leggenda minore, una sorta di estratto. Nel capitolo generale tenuto a Parigi nel 1266, viene ordinato di distruggere tutte le precedenti biografie di Francesco. In effetti, ciò avvenne. Ma alcuni esemplari rimasero, rari e quasi unici: la Vita prima del Celano venne rinvenuta soltanto nel 1768, mentre la Vita seconda nel 1806 e soltanto nel 1899 venne recuperato il Trattato dei miracoli.

  • La Leggenda dei tre compagni: si tratta di una biografia sistematica, sicuramente non scritta dai tre compagni e informata dalla biografia di Bonaventura e quindi databile successivamente al 1266. Insieme a questa biografia, citiamo anche la Leggenda di san Francesco di Anonimo Perugino, che non ebbe molta fortuna.

  • La Leggenda perugina fu scoperta tardivamente nella Biblioteca comunale di Perugia e pubblicata nel 1922. Si data intorno al 1311.

  • Lo Specchio di perfezione è un tentativo di mettere insieme notizie e memorie che sarebbero dovute pervenire direttamente dai compagni del santo. Pubblicato per la prima volta nel 1898, non se ne conosce l'esatta datazione.

  • I Fioretti: si tratta di una rielaborazione di un volgarizzatore toscano condotta dopo il 1375 di Atti del beato Francesco e dei suoi compagni scritti fra il 1327 e il 1340 da Ugolino da Montegiorgio. Nonostante alcuni particolari, la sostanza del libro è storica.

  • Si ricorda qui brevemente anche il Sacrum commercium, opera allegorica più che biografica, di controversa datazione, che suggerisce una teologia della vita francescana come alleanza di Francesco con la povertà.

     

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La visione alla Porziuncola

La visione alla Porziuncola

 

 

L'esperienza mistica

 

Vincenzo Battaglioli, nella compilazione della voce su Francesco d'Assisi nel Dizionario di mistica, citato nella pagina dei riferimenti bibliografici, distingue l'esperienza mistica di Francesco in tre punti, che corrispondono a tre realtà personali: il vedere, il fare, il patire. Integrerò queste riflessioni con quelle di Alfonso Pompei, citato all'inizia di questa pagina.

 

1. IL VEDERE

«È il Crocifisso a presentarglisi straziato e povero, a guardarlo, chiedendogli amore, a mandarlo a continuare la sua stessa missione. Cristo si mostra, parla e comanda. Da quando Francesco vede e ascolta il Crocifisso, continua a guardarlo e ad ascoltarlo, ponendo in cuore quello che viene facendo per obbedire alle sue parole. Al Cristo che egli vede si riconduce per tutta la vita».

2. IL FARE

«Francesco si trova dopo quella liberazione dal padre che gli fa incontrare il Padre che sta nei cieli, ad avere per casa il mondo e per veste quella povera tonaca tenuta da una corda. E subito a seguirlo sono ricchi e potenti. La loro nuova forma di vita è lo specchio preciso del programma di vita evangelica nella povertà totale.» Cristo manda Francesco e i suoi nel mondo attraverso la novità di una vita evangelica vissuta nella povertà totale.

3. IL SOFFRIRE

Il luogo della Verna, donato a Francesco, è il luogo in cui si manifestano i segni della Passione di Cristo nel suo corpo. Era un luogo privilegiato per la riflessione, la preghiera, la vita vissuta al limite dell'ascesi. Le stimmate sono da sempre considerate un dono che lo avrebbe assimilato alla glorificazione del Crocifisso. Un dono doloroso e sofferto nel corpo e nello spirito, che spinge, attraverso il sacrificio personale del primo stigmatizzato della storia, alla conversione le persone che incontrerà nei successivi due anni di vita. Davvero sempre più, attraverso questa esperienza, la sua vita si unisce a quella di Cristo.

 

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CONSIDERAZIONI

  • La vita di Francesco è una vita caratterizzata da una costante e particolare consapevolezza  del soprannaturale nell'uomo. Ogni uomo è chiamato alla santità ossia all'unione con Dio. Questa unione consiste in atti di conoscenza credente e di amore, tutto all'insegna di una penitenza di ispirazione evangelica. La sua intensa vita spirituale e il suo straordinario ascetismo devono essere appannaggio di ogni forma di perfezione.

  • L'esperienza della passività della vita spirituale in Francesco d'Assisi è questa dipendenza da Dio come unica guida. Ed egli esortava anche i frati ad essere sempre attenti a questa divina presenza illuminatrice e riscaldatrice. Tutta la sua opera non è altro che frutto della consapevolezza dell'amore di Dio che opera in lui. Gesù stesso è la sua virtù e la sua forza e la vita santa è una risposta a Dio sperimentato come colui che si dona totalmente a lui per essere Dio stesso la sua risposta.

  • Negli scritti egli narra di questa costante esperienza: tutto gli fa vivere come dono divino, a partire dalla conversione, attraverso la sequela, la vita fra i lebbrosi, i seguaci, la fede nella chiesa istituzionale e nei sacerdoti, nei sacramenti, alla parola e al silenzio, al lavoro, alla missione fra gli "infedeli". La sua povertà è gioia nel restituire a Dio anche i suoi beni spirituali. In questa prospettiva anche la mistica è un dono nel senso più assoluto della parola, il quale può essere anche dato e non dato a chi è giunto alla perfezione.

  • L'esperienza della semplicità consiste in un incessante ed esclusivo concentrarsi in Dio, vivendo tale concentrazione con la globalità di tutte le dimensioni della sua persona, in un'incessante visione di Dio. Scrive infatti nelle Ammonizioni (XVI, 2): 

«Puri di cuore sono coloro che disprezzano le cose terrene e cercano le celesti e non cessano mai di adorare e di vedere il Signore Dio, vivo e vero, con cuore e animo puro.»

  • Tale assorbimento totale in Dio, sperimentato con tutto il proprio essere fin quasi a "vedere" Dio, suggerisce a Francesco, uomo attivo e contemplativo, la messa in guardia contro un frenetico attivismo esteriore, scambiato a volte come apostolato. La peculiarità mistica di questa "semplice" esperienza di Dio come unico Signore della propria vita, è avvertita là dove Francesco insiste nel dire che tutto il resto, compreso il proprio corpo, è una limitazione di quella libertà della semplicità che, sola, permette all'uomo di vivere un rapporto con Dio.

  • Infine, quando il servizio, l'amore, l'adorazione e l'onore del Signore sono ormai l'espressione di un cuore e di un'anima puri, l'uomo non trova ormai più ostacoli tra sé e Dio; ignora cure e preoccupazioni interiori ed esteriori e quindi sperimenta questo intimo contatto con Dio come una forza determinante per tutti gli aspetti del proprio essere umano. È allora che Francesco percepisce se stesso e la propria comunità fraterna come un'abitazione e dimora per Dio

  • Riepilogando: nella sua mistica esperienza, si tratta in primo luogo di un'unione con Dio che diventa il cuore stesso di tutta la sua vita; in secondo luogo, in questa mistica unione si tratta di un'esperienza che egli stesso manifesta in espressioni tratte dai linguaggi amorosi umani, proprio perché essa coinvolge, oltre le facoltà spirituali, la globalità delle dimensioni personali e comporta anche un travaglio del corpo e sul corpo.

     

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Cimabue, Madonna e Francesco

Cimabue, Madonna con Bambino, angeli e Francesco

 

Breve Antologia

 

Lettera ai reggitori dei popoli

 

Questa lettera commuove per il tono quasi intimidatorio e fa pensare a come siano cambiati i tempi dal 1200 ad oggi: anche il reggitore del popolo, sia che si chiami podestà o console o magistrato dovrebbe, per Francesco, ravvedersi e convertirsi, abbandonando le troppe cure e preoccupazioni di questo mondo, contemplando il mistero della morte che si avvicina, ossia il giorno del giudizio. Da questo pensiero, ritornare al Signore; ricordarlo per sé ed annunciarlo a tutto il popolo, anche attraverso segni che sembrano qui ispirati alla tradizione islamica (i muezzin dell'Oriente). L'appello, in realtà, può essere recepito da tutti e non solo da coloro che governano il mondo e i popoli: troppo spesso siamo "presi" dalle cose che dobbiamo o vogliamo fare anche per sentirci potenti, dopo che siamo riusciti a realizzarle. Ma troppo spesso dimentichiamo che l'opera che veramente ci fa grandi e potenti è quella di credere in Dio e in colui che egli ha mandato, Gesù Cristo. Occorre, secondo Francesco, vivere in questa memoria, avvicinandosi al corpo e al sangue di Cristo, annunciando a tutti, con ogni mezzo disponibile e per quanto possiamo, la sua opera di salvezza.

«A tutti i podestà e consoli, magistrati e reggitori d'ogni parte del mondo, e a tutti gli altri ai quali giungerà questa lettera, frate Francesco, vostro servo nel Signore Dio, piccolo e spregevole, a tutti voi augura salute e pace.

Considerate e vedete che il giorno della morte si avvicina. Vi supplico perciò, con tutta la reverenza di cui sono capace, di non dimenticare il Signore, assorbiti come siete dalle cure e preoccupazioni di questo mondo, e di non deviare dai suoi comandamenti, poiché tutti coloro che dimenticano il Signore e si allontanano dai comandamenti di lui, sono maledetti e saranno dimenticati da lui.

E quando verrà il giorno della morte, tutte quelle cose che credevano di possedere saranno loro tolte. E quanto più sapienti e potenti saranno stati in questo mondo, tanto maggiori saranno i tormenti che dovranno patire nell'inferno.

Perciò io con fermezza consiglio a voi, miei signori, che, messa da parte ogni cura e preoccupazione, riceviate volentieri il santissimo corpo e sangue del Signore nostro Gesù Cristo in sua santa memoria.

E siete tenuti ad attribuire al Signore tanto onore fra il popolo a voi affidato, che ogni sera si annunci, mediante un banditore o qualche altro segno, che siano rese lodi e grazie all'onnipotente Signore Iddio da tutto il popolo. E se non farete questo, sappiate che dovrete renderne ragione a Dio davanti al Signore vostro Gesù Cristo nel giorno del giudizio.

Coloro che riterranno presso di sé questo scritto e lo metteranno in pratica, sappiano che saranno benedetti dal Signore Iddio.»

 

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Testamento di san Francesco

 scelti

È un testo molto importante e bello: in poco tratteggia la sua vita e la sua esperienza spirituale. In particolare vorrei sottolineare alcune espressioni che mi hanno sempre colpito:
   1) il rispetto verso i sacerdoti, che pur essendo assoluto, riconosce il limite individuale (il peccato) e lo accetta, superandolo per amore di umiltà. Scrive infatti espressioni molto eloquenti: «il Signore mi dette una così grande fede nei sacerdoti che anche se mi facessero persecuzione, voglio ricorrere proprio a loro»; «E non voglio considerare in loro il peccato, poiché in essi io riconosco il Figlio di Dio e sono miei signori». Tale rispetto è dovuto non a loro stessi (che possono peccare, perseguitare ingiustamente, essere poco saggi e "poverelli"), ma al fatto che ricevono nelle loro mani ed amministrano il sacramento della presenza di Cristo al mondo;
   2) il dialogo continuo con Dio che è sempre stato presente nella sua esperienza di conversione e successivamente, a guidarlo e sostenerlo nelle prove e il suo rapporto senza mediazioni col suo Signore. Scrive Francesco: «E dopo che il Signore mi dette dei frati, nessuno mi mostrava cosa dovessi fare, ma lo stesso Altissimo mi rivelò che dovevo vivere secondo la forma del santo Vangelo».

«Il Signore dette a me, frate Francesco, d'incominciare a fare penitenza così: quando ero nei peccati, mi sembrava cosa troppo amara vedere i lebbrosi; e il Signore stesso mi condusse tra loro e usai con essi misericordia. E allontanandomi da essi, ciò che mi sembrava amaro mi fu cambiato in dolcezza d'animo e di corpo. E di poi, stetti un poco e uscii dal mondo.

E il Signore mi dette tale fede nelle chiese, che io così semplicemente pregavo e dicevo: Ti adoriamo, Signore Gesù Cristo, anche in tutte le tue chiese che sono nel mondo intero e ti benediciamo, perché con la tua santa croce hai redento il mondo.

Poi il Signore mi dette e mi dà una così grande fede nei sacerdoti che vivono secondo la forma della santa Chiesa Romana, a motivo del loro ordine, che anche se mi facessero persecuzione, voglio ricorrere proprio a loro. E se io avessi tanta sapienza, quanta ne ebbe Salomone, e mi incontrassi in sacerdoti poverelli di questo mondo, nelle parrocchie in cui dimorano, non voglio predicare contro la loro volontà.

E questi e tutti gli altri voglio temere, amare e onorare come miei signori. E non voglio considerare in loro il peccato, poiché in essi io riconosco il Figlio di Dio e sono miei signori. E faccio questo perché, dello stesso altissimo Figlio di Dio nient'altro vedo corporalmente in questo mondo, se non il santissimo corpo e il santissimo sangue suo che essi ricevono ed essi soli amministrano agli altri.

E dopo che il Signore mi dette dei frati, nessuno mi mostrava che cosa dovessi fare, ma lo stesso Altissimo mi rivelò che dovevo vivere secondo la forma del santo Vangelo. Ed io lo feci scrivere con poche parole e con semplicità, e il signor Papa me lo confermò.

E quelli che venivano per abbracciare questa vita, distribuivano ai poveri tutto quello che potevano avere, ed erano contenti di una sola tonaca, rappezzata dentro e fuori, del cingolo e delle brache. E non volevamo avere di più.

Ed io lavoravo con le mie mani e voglio lavorare; e voglio fermamente che tutti gli altri frati lavorino di un lavoro quale si conviene all'onestà. Coloro che non sanno, imparino, non per la cupidigia di ricevere la ricompensa del lavoro, ma per dare l'esempio e tener lontano l'ozio.

Il Signore mi rivelò che dicessimo questo saluto: Il Signore ti dia la pace!

E il ministro generale e tutti gli altri ministri e custodi siano tenuti, per obbedienza, a non aggiungere e a non togliere niente da queste parole.

E sempre tengano con sé questo scritto assieme alla Regola. E a tutti i miei frati, chierici e laici, comando fermamente, per obbedienza, che non inseriscano spiegazioni nella Regola e in queste parole. Come il Signore mi dato di dire e di scrivere con semplicità e purezza la Regola e queste parole, così cercate di comprenderle con semplicità e senza commento e di osservarle con sante opere sino alla fine.

E chiunque osserverà queste cose, sia ricolmo in cielo della benedizione dell'altissimo Padre, e in terra sia ricolmo della benedizione del suo Figlio diletto col santissimo Spirito Paraclito e con tutte le potenze dei cieli e con tutti i santi. Ed io frate Francesco piccolino, vostro servo, per quel poco che io posso, confermo a voi dentro e fuori questa santissima benedizione.»

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Parafrasi del "Padre Nostro"

 

«O santissimo Padre nostro: creatore, redentore, consolatore e salvatore nostro.

Che sei nei cieli: negli angeli e nei santi, illuminandoli alla conoscenza, perché tu, Signore, sei luce; infiammandoli all'amore, perché tu, Signore, sei amore; ponendo la tua dimora in loro e riempiendoli di beatitudine, perché tu, Signore, sei il sommo bene, eterno, dal quale proviene ogni bene e senza il quale non esiste alcun bene.

Sia santificato il tuo nome: si faccia luminosa in noi la conoscenza di te, affinché possiamo conoscere l'ampiezza dei tuoi benefici, l'estensione delle tue promesse, la sublimità della tua maestà e la profondità dei tuoi giudizi.

Venga il tuo regno: perché tu regni in noi per mezzo della grazia e ci faccia giungere nel tuo regno, ove la visione di te è senza veli, l'amore di te è perfetto, la comunione di te è beata, il godimento di te senza fine.

Sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra: affinché ti amiamo con tutto il cuore, sempre pensando a te; con tutta l'anima, sempre desiderando te; con tutta la mente, orientando a te tutte le nostre intenzioni e in ogni cosa cercando il tuo onore; e con tutte le nostre forze, spendendo tutte le nostre energie e sensibilità dell'anima e del corpo a servizio del tuo amore e non per altro; e affinché possiamo amare i nostri prossimi come noi stessi, trascinando tutti con con ogni nostro potere al tuo amore, godendo dei beni altrui come dei nostri e nei mali soffrendo insieme con loro e non recando nessuna offesa a nessuno.

Il nostro pane quotidiano, il tuo Figlio diletto, il Signore nostro Gesù Cristo, dà a noi oggi: in memoria, comprensione e reverenza dell'amore che egli ebbe per noi e di tutto quello che per noi disse, fece e patì.

E rimetti a noi i nostri debiti: per la tua ineffabile misericordia, per la potenza della passione del tuo Figlio diletto e per i meriti e l'intercessione della beatissima Vergine e di tutti i tuoi eletti.

Come noi li rimettiamo ai nostri debitori: e quello che non sappiamo pienamente perdonare, tu, Signore, fa' che pienamente perdoniamo, sì che, per amor tuo, amiamo veramente i nemici e devotamente intercediamo presso di te, non rendendo a nessuno male per male e impegnandoci in te ad essere di giovamento a tutti.

E non ci indurre in tentazione: nascosta o manifesta, improvvisa o insistente.

Ma liberaci dal male: passato, presente e futuro.»

 

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Lettera a un ministro

«Al frate ministro N., il Signore ti benedica.

Ti parlo così come posso della condizione della tua anima: le cose che ti impediscono di amare il Signore Iddio come anche le persone che ti saranno di ostacolo, siano frati o altri, anche se ti bastonassero, tutto questo devi ritenere una grazia. E tu devi volere questo, non altro. E questo sia per te vera obbedienza al Signore Iddio e a me, perché so con certezza che questa è la vera obbedienza. E ama coloro che si comportano così con te, e non volere altro da loro se non quanto il Signore ti darà. E in questo amali, e non volere che diventino cristiani migliori. E ciò sia per te più che un romitorio. 

In questo voglio poi conoscere che tu ami il Signore e ami me, suo servo e tuo, se farai questo: non ci sia nessun frate al mondo che ha peccato, per quanto avrà potuto peccare, che dopo avere incontrato i tuoi occhi se ne vada via senza aver ottenuto da te, avendola chiesta, misericordia, se poi non la chiedesse, chiedigli tu se desidera misericordia; e se poi davanti ai tuoi occhi peccasse mille volte, amalo più di quanto ami me, così da attrarlo al Signore; e abbi sempre misericordia di questi frati. E vedi di rendere noto al guardiano, quando lo potrai, che per quanto ti riguarda sei fermamente deciso a comportarti in questo modo.»

 

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