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Mistica.Blog - Pagine di mistica e spiritualità a cura di Antonello Lotti

 

Teresa di Lisieux

 

Angelo Morbelli, Alba domenicale, 1890

Angelo Morbelli, Alba Domenicale, 1890 (vedi NOTA **)

 

 

«Tutte le immagini non mi fanno bene, non posso nutrirmi se non della verità. Per questo non ho mai desiderato visioni. Non si possono vedere, sulla terra, il Cielo, gli Angeli tali quali sono, preferisco aspettare dopo la morte» 
(Teresa di Lisieux, Novissima verba, 5 agosto)

 

 

Indice

 

 

 

Bibliografia

 

Ecco poche segnalazioni bibliografiche rispetto alle moltissime che si possono trovare:

  • S. Teresa di Gesù Bambino, Gli scritti, Postulazione Generale dei Carmelitani Scalzi, Roma 1998 (6' ed.)

    Il volume raccoglie la Storia di un'anima (3 manoscritti autobiografici), Novissima Verba (raccolta delle parole degli ultimi mesi di vita), Lettere, Preghiere e Poesie. Esistono comunque molti estratti in versione economica presso l'Editore O.C.D. ed altri.

  • Teresa di Lisieux, Opere complete, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1997

    Il volume di oltre 1600 pagine raccoglie tutti gli scritti di Teresa, compresa la versione corretta ed ampliata dei Novissima Verba e molti scritti diversi che non si trovano nell'edizione precedentemente citata.

  • Conrad De Meester, Teresa di Lisieux dinamica della fiducia. Genesi e struttura della «via dell'infanzia spirituale», Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo 1999

    L'Autore, carmelitano, ripercorre l'itinerario spirituale di Teresa, ossia il rapporto con «il Dio di misericordia che offre la sua presenza e il suo amore a chi come lei si riconosce povero, senza sicurezze e appoggi umani, con le mani vuote». Il libro è corredato di una piccola essenziale bibliografia in italiano.

  • Antonio Maria Sicari, La teologia di S. Teresa di Lisieux Dottore della Chiesa, Coed. Edizioni O.C.D./Jaca Book, Roma/Milano 1997

    Nel volume, l'Autore esamina la vita e gli scritti di Teresa ed espone in maniera organica il suo pensiero. Si tratta di un libro affascinante nella lettura ed attento a molti particolari che non è facile rinvenire in altri testi.

   

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NOTA **: La scelta del dipinto di introduzione alla pagina, anziani di campagna che si affrettano per partecipare alla Messa domenicale, è scaturito dalla lettura di questa nota autobiografica di Teresa:

 

«Le feste! ah! se quelle grandi erano rare, ogni settimana ne portava una molto cara al mio cuore: "La Domenica". Che giorno la Domenica!... Era la festa del Buon Dio, la festa del riposo. Per prima cosa restavo nel lettino più a lungo degli altri giorni e poi mamma Paolina viziava la sua bambina, portandole la cioccolata nel suo lettino, dopo la vestiva come una reginetta... La madrina veniva a fare i ricci alla sua figlioccia la quale non sempre era buona quando le tiravano i capelli, ma poi era proprio contenta di andare a prendere la mano del suo Re che in quel giorno la baciava ancora più teneramente del solito, quindi tutta la famiglia andava a Messa».


 

Nota Biografica

 

Ritratto di Teresa di Lisieux

Ritratto di Teresa di Lisieux

 

  • Thérèse Martin nasce il 2 gennaio 1873 ad Alençon (Orne), in Normandia. È l'ultima di nove figli nati dal matrimonio di Louis Martin e Zelia Marie Guérin, quattro dei quali morti in tenera età.  Battezzata due giorni dopo con i nomi di Maria Francesca Teresa, viene messa a balia per un anno presso Rosa Taillé a Semallé. Tutto l'ambiente familiare era fortemente cristiano. 

  • Rientra nella casa paterna nel 1874. La madre, che ha 42 anni al momento della nascita di Teresa, oltre ad avere una salute cagionevole con infiammazioni respiratorie, soffre da tempo di un male incurabile che la porta alla morte il 28 agosto 1877. La piccola Teresa sceglie la sorella Paolina come seconda madre. Nello stesso anno, la famiglia si trasferisce ai Buissonnets, una villetta alla periferia di Lisieux. Il trasferimento è motivato dal fatto che lì risiedono alcuni cugini del padre disponibili ad  aiutarlo nell'educazione dei cinque figli, rimasti orfani.

  • Nel 1879 fa la prima confessione ed ha una visione profetica della morte del padre. Nel 1881 entra nell'Abbazia delle Benedettine di Lisieux, come semiconvittrice.

  • Nel 1882, Paolina entra nel Carmelo di Lisieux col nome di suor Agnese di Gesù. Tra il 1882 e l'anno seguente, soffre di gravi mal di testa, fino a cadere gravemente malata. Il 13 maggio 1883 ha una guarigione miracolosa.

  • Nel 1884, prima comunione di Teresa e professione religiosa della sorella Paolina che prenderà il nome di suor Agnese di Gesù. Nel giugno di quell'anno riceve anche la Cresima dal vescovo Hugonin. Nel maggio del 1885, comincia e continua per un anno e mezzo la "terribile malattia degli scrupoli", sicuramente stimolata da un ritiro spirituale durante il quale il prete si esercita a terrorizzare le sue giovani ascoltatrici parlando del peccato mortale. Successivamente superati, Teresa scrive che «il tempo che abbiamo di amare Gesù in questa vita è così breve che il demonio cerca di farcene consumare un po' in fatiche inutili, pur di sottrarglielo». 

  • Nel 1886, lascia la vita di semiconvittrice all'Abbazia delle Benedettine ed è successivamente ammessa nella Congregazione delle Figlie di Maria. In questo stesso anno, Maria, la sorella maggiore entra nel Carmelo di Lisieux. Fu in questo momento che Teresa viene guarita dagli scrupoli. Il 25 dicembre dello stesso anno, ha una grazia particolare che ella chiamerà poi "sua conversione".

  • Il 29 maggio 1887, chiede al padre il permesso di entrare nel Carmelo a soli 15 anni. Nell'ottobre di quell'anno fa visita anche al vescovo di Bayeux e Lisieux per sollecitare l'agognata autorizzazione. Alla fine di quest'anno visita Roma ed ha anche un'udienza col papa Leone XIII, accompagnata dal padre e dalla sorella Celina. Racconta di questo episodio: «Oh! Beatissimo Padre, se voi diceste sì, tutti sarebbero d'accordo». Mi guardò fissamente, e pronunciò queste parole appoggiando su ciascuna parola: «Bene... bene... Entrerete se Dio lo vorrà».

  • Il 1° gennaio 1888 riceve la comunicazione del vescovo che l'autorizza ad entrare nel Carmelo, cosa che farà il 9 aprile dello stesso anno. Il 10 gennaio 1889 celebra la sua vestizione religiosa, mentre la professione avviene l'8 settembre 1890. Prende il nome di Teresa di Gesù Bambino. Solo successivamente aggiunge "del Volto Santo". Tale richiamo è ovviamente al volto di Gesù, ma in qualche modo anche al volto del padre, che, a causa della malattia mentale che sta inesorabilmente progredendo, non ha partecipato alla cerimonia. 

  • Nell'ottobre del 1891 partecipa agli esercizi spirituali della comunità predicati da padre Alessio Prou che stimola particolarmente Teresa riguardo alla via della confidenza e dell'amore. La fondatrice del Carmelo di Lisieux, madre Genoveffa di santa Teresa, muore il 5 dicembre dello stesso anno.

  • Nel 1893 suor Agnese di Gesù (la sorella Paolina) viene eletta priora del monastero. In questo anno viene assegnata a madre Maria di Gonzaga come aiuto per la formazione delle novizie.  

  • Il 29 luglio 1894 muore il padre. Il 14 settembre dello stesso anno, anche la sorella Celina entra nel Carmelo di Lisieux. 

  • All'inizio del 1895, suor Agnese di Gesù ordina a Teresa di scrivere i suoi ricordi d'infanzia. L'anno successivo Teresa consegna alla madre superiora il quaderno dei suoi ricordi (ciò che viene definito Manoscritto A). Teresa è sottomaestra delle novizie e intrattiene una relazione epistolare con un seminarista, Bellière che diventerà Missionario.

  • Tra marzo ed aprile del 1896 oltre ad avere i primi segni della malattia che la porterà alla morte l'anno successivo, comincia anche la prova delle tentazioni contro la fede. Tra il 13 e il 16 settembre dello stesso anno, scrive la seconda parte dei suoi ricordi (Manoscritto B). 

  • L'anno successivo, madre Maria di Gonzaga, maestra delle  novizie, ordina a Teresa di portare a termine il racconto della sua vita, scrivendo i ricordi degli anni trascorsi al Carmelo (Manoscritto C). L'8 luglio 1897, Teresa lascia la propria cella per entrare nell'infermeria del monastero. Traccia, per i primi tre giorni, le ultime righe del terzo manoscritto. Teresa riceve l'estrema unzione il 30 luglio e il 19 agosto fa l'ultima comunione. Il 30 settembre 1897, alle sette e venti di sera, muore. 

  • Merita raccontare l'ultimo dialogo raccolto da suor Agnese: «Madre mia, non è ancora l'agonia! Non muoio ancora? ... Sì, figlia mia. È l'agonia, ma il Signore vuole prolungarla, forse, di qualche ora... Ebbene... Avanti! Avanti! ... Oh non vorrei soffrire meno! E fissando gli occhi sul suo Crocifisso: Oh... l'amo! ... Dio mio... Vi... amo! ... Dopo aver pronunciato queste parole, cadde dolcemente indietro, la testa reclinata a destra. La Madre Priora richiamò in fretta la comunità, e tutte furono testimoni della sua estasi. Il volto aveva ripreso il colore di giglio che aveva in piena salute, gli occhi erano fissi verso l'alto, splendidi di pace e di gioia. Suor Maria dell'Eucaristia s'avvicinò con una fiaccola per vedere più da vicino quello sguardo sublime. Alla luce della fiaccola nessun movimento apparve nelle palpebre. Questa estasi durò press'a poco lo spazio di un Credo. Appena finita, la Serva di Dio rese l'ultimo respiro. Dopo la morte conservò un sorriso dolce. Era di una bellezza che rapiva. Teneva così forte il suo Crocifisso, che bisognò strapparlo dalle sue mani. Le sue membra rimasero morbide fino all'inumazione, il lunedì 4 ottobre 1897 nel cimitero del paese.»

Il processo per la beatificazione inizia nel 1910-11. Il 10 giugno 1914 viene pubblicato il Decreto d'introduzione della Causa. Si svolge nei tre anni successivi il processo apostolico sulle virtù della Serva di Dio. Nel frattempo le spoglie vengono traslate dal cimitero di Lisieux fino alla Cappella del Carmelo. Il 14 agosto 1921, Benedetto XV pubblica il decreto sull'eroicità delle virtù di Teresa e tiene un discorso sull'infanzia spirituale. 

Il 29 aprile 1923 viene proclamata Beata e il 17 maggio 1925 viene canonizzata da Pio XI. Viene proclamata il 14 dicembre 1927 patrona di tutte le Missioni cattoliche (insieme a san Francesco Saverio). Il 19 ottobre 1997, Giovanni Paolo II la proclama dottore della Chiesa con la lettera apostolica Divini amoris scientia.

 

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Introduzione

 

Nel primo capitolo della Storia di un'anima, Teresa si accinge a presentare se stessa e il senso del suo lavoro ordinatogli da madre Agnese di Gesù attraverso alcune parole:

 

«Prima di prendere la penna, mi sono inginocchiata davanti alla statua di Maria, l'ho supplicata che mi guidi la mano: nemmeno un rigo voglio scrivere che non piaccia a lei! Poi ho aperto il Vangelo, e lo sguardo è caduto su alcune parole: "Gesù salì sopra una montagna, e chiamò a sé quelli che volle: e andarono a lui" (Marco 3,13). Questo, proprio questo il mistero della mia vocazione, della mia vita tutta, e in particolare il mistero dei privilegi di Gesù sull'anima mia. Gesù non chiama quelli che sono degni, bensì chi vuole lui, o, come dice san Paolo: "Dio ha pietà di chi vuole lui, ed usa misericordia a chi vuole lui. Non è dunque opera di chi voglia né di chi corra, bensì di Dio che usa misericordia" (Romani 9,15-16). Per tanto tempo mi sono chiesta perché Dio abbia delle preferenze, perché tutte le anime non ricevano grazie in modo uguale, mi meravigliavo perché prodiga favori straordinari a Santi che l'hanno offeso, come san Paolo, sant'Agostino, e perché, direi quasi, li costringe a ricevere il suo dono; poi, quando leggevo la vita dei Santi che Nostro Signore ha carezzati dalla culla alla tomba, senza lasciare sul loro cammino un solo ostacolo che impedisse di elevarsi a lui, e prevenendo le loro anime con tali favori da rendere quasi impossibile che esse macchiassero lo splendore immacolato della loro veste battesimale, mi domandavo: perché i poveri selvaggi, per esempio, muoiono tanti e tanti ancor prima di avere inteso pronunciare il nome di Dio? Ma Gesù mi ha istruita riguardo a questo mistero. Mi ha messo dinanzi agli occhi il libro della natura, ed ho capito che tutti i fiori della creazione sono belli, le rose magnifiche e i gigli bianchissimi non rubano il profumo alla viola, o la semplicità incantevole alla pratolina... Se tutti i fiori piccini volessero essere rose, la natura perderebbe la sua veste di primavera, i campi non sarebbero più smaltati di infiorescenze. Così è nel mondo delle anime, che è il giardino di Gesù. Dio ha voluto creare i grandi Santi, che possono essere paragonati ai gigli ed alle rose; ma ne ha creati anche di più piccoli, e questi si debbono contentare di essere margherite o violette, destinate a rallegrare lo sguardo del Signore quand'egli si degna di abbassarlo. La perfezione consiste nel fare la sua volontà, nell'essere come vuole lui». 

 

Colorite, apparentemente, di metafore essenziali, semplici, da prendere a pretesto per intenti devozionali, o un po' troppo edulcorate, in realtà nascondono un percorso lineare e logico di grande portata spirituale. Esistono domande formidabili e risposte altrettanto importanti, non banali. Scrive queste parole a ventidue anni, dopo un'infanzia serena e tragica allo stesso tempo ed il forte desiderio di entrare al Carmelo, con la vita essenziale e rigida di quei tempi. Le domande che si pone sono: Dio è padre di tutti, perché dunque tratta diversamente le persone che egli ama? Alcuni li ricolma di grazie, altri li avvisa apertamente e chiaramente della sua presenza, quasi li costringe a convertirsi, altri ancora non sanno neanche della sua esistenza e muoiono senza averne mai sentito parlare. Perché ci sono grandi Dottori, persone illuminate di fianco a persone che non sanno neanche leggere? E in particolare, che cosa posso essere io, che ho conosciuto grazie e disgrazie, illuminazioni dopo anni di scrupoli o disperazioni, e che cosa mi può riservare la vita futura? Che cosa posso valere io di fronte a molti che sanno? In che modo posso rispondere alla chiamata universale alla santità (che desidero e bramo fortemente) se non sono capace, non ho molto studiato, ho scrupoli e difficoltà a vivere la mia fede? Nella risposta a queste domande (che ho ovviamente parafrasato) nasce e sta la novità di Teresa, che ha aperto la strada della santità a un numero straordinario di persone, altrimenti impossibilitate a vivere serenamente il proprio rapporto con Dio, con gli uomini e con se stessi. 

La pubblicazione della Storia di un'anima avviene il 30 settembre 1898. Si era tentata una tiratura di 2000 copie, con tanti dubbi sull'esito dell'edizione. Più d'uno avvertiva il peso inutile di tutto quel materiale che sarebbe rimasto in deposito. Eppure, appena la vita di suor Teresa venne letta da qualche persona, fu come «una scintilla che attacca ovunque l'incendio: anche volendolo ci sarebbe stato impossibile arrestarne il progresso» (Celina, testimonianza al processo ordinario). Qualche mese dopo, non esisteva più nessuna copia del libro. Fu necessario pensare una seconda edizione che apparve nella primavera del 1899 e poi a ritmo serrato moltissime altre edizioni e traduzioni in altre lingue.  

Qual è dunque il messaggio che traspare da quelle parole, scritte su ordine di altri? Ciò che poteva essere intuito a fine Ottocento, per la diversa storia, cultura e sensibilità, è diverso da quanto può invece essere compreso cento anni dopo. E per fortuna, visto che il messaggio si presta a durare nel tempo, con arricchimenti continui. 

 

«Quale via vuole dunque insegnare alle anime? – domanda madre Agnese a Teresa, malata – Madre mia, è la via della fiducia e del totale abbandono. Io voglio indicare loro i piccoli mezzi». 

 

Il termine "piccola" non riguarda la "via", ma si riferisce chiaramente a Teresa stessa, che si considerava debole e piccola, rispetto ai grandi santi di cui aveva letto le biografie. Quelli erano modelli inimitabili (per saggezza, esperienza di vita e fenomeni straordinari, benedetti in maniera particolare da Dio), mentre Teresa si ritrovava ad essere un piccolo granello di sabbia insignificante. Ma il suo desiderio di santità doveva in qualche modo attuarsi. E lo fece tramite una scoperta che in realtà è l'espressione articolata e compiuta di tutta la sua vita terrena, tardiva ma solo in termini di comprensione razionale.

Il suo valore teologico e la sua attualità è meglio specificata nel libro di De Meester citato (cfr. pag. 27) e si riassume in queste parole: il ritorno al Vangelo; il richiamo all'essenziale nella nozione di santità, la relatività delle sue manifestazioni esteriori e dei mezzi straordinari – in questo senso non è esagerato dire che Teresa ha fortemente contribuito a smitizzare il concetto di santità del suo tempo – ; il richiamo della vocazione universale alla santità, anche per i più piccoli; l'accento posto sulla misericordia di Dio; la rivalutazione della speranza; il senso ecclesiale, la responsabilità reciproca, l'interazione nella Chiesa.

 

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La scoperta della "piccola via"

 

Fra le varie interpretazioni che si sono date del percorso spirituale di Teresa di Lisieux, occorre tener presente, per opinioni di molti studiosi, soprattutto quella del De Meester. Sono cinque le tappe o gli elementi fondamentali:

  1. il desiderio della santità

  2. la distanza dal suo ideale 

  3. certezza interiore che la sorregge

  4. la ricerca della via adatta a realizzare il suo desiderio

  5. la risposta che Dio le dà. 

  • Teresa si lascia trasportare dai suoi desideri di santità, volendo dare a Dio qualcosa, con grande generosità. Dopo un periodo di purificazione e di più profonda immersione nella propria povertà di creatura e un progressivo abbandono all'azione di Dio, Teresa approda alla seconda fase, in cui scopre la sua «piccola via molto corta e diritta, una piccola via tutta nuova» (cfr. Manoscritto C, 2v): lasciarsi trasportare dalle braccia di Gesù, come da un ascensore. Teresa impara ad attendere tutto da Dio, considerando la sua piccolezza e la sua debolezza come una situazione felice e privilegiata che attrae un Amore che è in se stesso Misericordia, un Amore la cui più intima ed essenziale proprietà è quella di abbassarsi. La sua piccola è dunque uno sprigionarsi di un dinamismo della speranza attraverso la dinamica di una fiducia sempre più totale. L'ideale proposto da Teresa sarebbe allora quello di giungere al termine del cammino a mani vuote: vuote di meriti e di opere (nonostante tutte le opere dell'amore che la creatura ha eseguito e coltivato), vuote perché si attende che le mani siano colmate «dalle opere e dai meriti di Dio stesso».

  • Scrive Teresa nel Manoscritto C:

Lei lo sa, Madre, ho sempre desiderato essere una santa, ma ahimé, ho sempre accertato, quando mi sono paragonata ai santi, che tra essi e me c'è la stessa differenza che tra una montagna la cui vetta si perde nei cieli, e il granello di sabbia oscura calpestata sotto i piedi dei passanti. Invece di scoraggiarmi, mi sono detta: il buon Dio non può ispirare desideri inattuabili, perciò posso, nonostante la mia piccolezza, aspirare alla santità; diventare più grande mi è impossibile, debbo sopportarmi tale quale sono con tutte le mie imperfezioni, nondimeno voglio cercare il mezzo di andare in Cielo per una via ben diritta, molto breve, una piccola via tutta nuova. Siamo in un secolo d'invenzioni, non vale più la pena di salire gli scalini, nelle case dei ricchi un ascensore li sostituisce vantaggiosamente. Vorrei anch'io trovare un ascensore per innalzarmi fino a Gesù, perché sono troppo piccola per salire la dura scala della perfezione. Allora ho cercato nei libri santi l'indicazione dell'ascensore, oggetto del mio desiderio, e ho letto queste parole pronunciate dalla Sapienza eterna: «Se qualcuno è piccolissimo, venga a me». Allora sono venuta, pensando di aver trovato quello che cercavo, e per sapere, o mio Dio, quello che voi fareste al piccolissimo che rispondesse al vostro appello, ho continuato le mie ricerche, ed ecco ciò che ho trovato: «Come una madre carezza il suo bimbo, così vi consolerò, vi porterò sul mio cuore, e vi terrò sulle mie ginocchia!». Ah, mai parole più tenere, più armoniose hanno allietato l'anima mia, l'ascensore che deve innalzarmi fino al Cielo sono le vostre braccia, Gesù! Per questo non ho bisogno di crescere, al contrario bisogna che resti piccola, che lo divenga sempre più.

  • Teresa non parla di un suo scoraggiamento o delusione nei riguardi della santità, ma solo nei riguardi dei modelli di santi che le sono stati messi sempre davanti agli occhi, modelli scoraggianti per la loro altezza. Davanti a loro e non alla santità, il cui desiderio in Teresa è sempre rimasto intatto, ha sempre saputo di essere come un granello di sabbia calpestata dai piedi dei passanti. Ma il percorso spirituale di Teresa non è rappresentato dalle seguenti fasi: desiderio iniziale di santità, scoperta della sua piccolezza, lasciarsi portare misericordiosamente in alto da Dio. Teresa infatti, fin dall'infanzia, è consapevole della sua assoluta impotenza e la scelta della santità è sì gloriosa, ma sempre affidata all'azione di Dio. Nel corso della sua vita religiosa, ella ha sempre desiderato di rimanere il granello di sabbia piccolo e calpestabile. Infine, da sempre ha contato sul mistero della piccolezza su cui Dio ha deciso di chinarsi.

  • Una certezza interiore preserva Teresa dall'affliggersi: ella crede che Dio non possa ispirare all'anima desideri irrealizzabili e dunque si sente pronta, nonostante la sua piccolezza, per aspirare alla santità. La crescita è impossibile, è necessaria una accettazione di sé con tutte le imperfezioni che accompagnano la persona, quasi una sopportazione di sé. La crescita riguarda i propri sforzi nello sviluppare una sempre più intensa vita spirituale che porti al traguardo desiderato: la santità. Fin dove è stato possibile, Teresa si è sforzata di arrivare a colmare le sue imperfezioni, a smussare gli angoli della sua anima e della personalità. Ma ora deve affidarsi a qualcuno se vuole raggiungere il suo ideale di perfezione.

  • Teresa è dunque in ricerca del mezzo per "andare in Cielo attraverso una piccola via molto diritta, molto breve, una piccola via tutta nuova. Siamo in un secolo di invenzioni, ora non è più necessario salire i gradini di una scala, nelle case dei ricchi un ascensore sostituisce la scala con molto vantaggio. Io pure vorrei trovare un ascensore per elevarmi fino a Gesù perché sono troppo piccola per salire la faticosa scala della perfezione". Qui la nozione di santità per Teresa è chiara: significa elevarsi fino a Gesù, unirsi a lui. Perché mai prendere un mezzo più celere? La scala presuppone uno sforzo che è sproporzionato alle capacità di Teresa, mentre l'altro mezzo consente di arrivare alla meta senza necessità di una grande forza, basta lasciarsi portare.

  • Teresa dunque trova il mezzo che cercava. Dio la illumina leggendo due passi della Scrittura. Lesse: "se qualcuno è molto piccolo venga a me" e "come una madre accarezza il proprio figlio, così io vi consolerò, vi porterò sul mio seno e vi cullerò sulle mie ginocchia". Queste parole le consentono di affermare che Dio aveva superato le sue attese e che ora era possibile per lei non più costringersi a crescere, quanto restare piccola e diventarlo sempre più. L'ascensore sono le braccia di Gesù che solleva un piccolo. Dio si rivela a Teresa come colui che ama il piccolo, che lo invita vicino a sé e che, se l'altro cede a tale invito, lo colma di un amore materno, comunicativo, unitivo. Ella deve accettare la propria piccolezza, requisito per essere invitati, andare a Dio come un bambino in umiltà profonda. Andare a Dio nella coscienza della propria piccolezza significa riconoscere che egli è misericordioso, cioè credere in lui, ma ancor prima significa avere fiducia che quell'amore divino colmerà l'anima, malgrado la miseria e incarnare questa fiducia in un gesto di abbandono attraverso cui concretizzare tutto l'amore. L'impotenza non è un intralcio in quanto non impedisce affatto la fiducia e l'abbandono che sono le condizioni richieste perché Dio stesso ci dia il suo amore, la sua grazia che accresce il nostro amore.

 

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Breve Antologia

 

Teresa di Lisieux ha lasciato tre Manoscritti autobiografici, duecentosessantasei Lettere, cinquantaquattro Poesie, otto Componimenti teatrali (Pie ricreazioni, ventuno Preghiere e altri Scritti diversi. Le consorelle hanno raccolto gli Ultimi colloqui.

 

 

Atto d'offerta

Atto d'offerta all'amore misericordioso di Dio

J.M.J.T.

Offerta di me stessa come vittima d'olocausto all'Amore misericordioso del buon Dio.

Mio Dio! Trinità beata, desidero amarvi e farvi amare, lavorare per la glorificazione della santa Chiesa, salvando le anime che sono sulla terra e liberando quelle che sono nel purgatorio. Desidero compiere perfettamente la vostra volontà e arrivare al grado di gloria che m'avete preparato nel vostro regno. In una parola, desidero essere santa, ma sento la mia impotenza e vi domando, o mio Dio, di essere voi stesso la mia santità.

Poiché mi avete amata fino a darmi il vostro unico Figlio perché fosse il mio salvatore e il mio sposo, i tesori infiniti dei suoi meriti appartengono a me ed io ve li offro con gioia, supplicandovi di non guardare a me se non attraverso il volto di Gesù e nel suo cuore bruciante d'amore. Vi offro inoltre tutti i meriti dei Santi (che sono in cielo e sulla terra), i loro atti d'amore e quelli dei santi Angeli; vi offro infine, o beata Trinità, l'amore e i meriti della santa Vergine, mia madre diletta, A lei abbandono la mia offerta e la prego di presentarvela. Il suo Figlio divino, mio sposo diletto, nei giorni della sua vita mortale, ci ha detto: "Tutto ciò che domanderete al Padre in nome mio, ve lo darà!". 

Sono dunque certa che esaudirete i miei desideri; lo so, mio Dio, più volete dare, più fate desiderare, Sento nel mio Cuore desideri immensi e vi chiedo con tanta fiducia di venire a prendere possesso della mia anima. Ah! non posso ricevere la santa comunione così spesso come vorrei, ma, Signore, non siete l'onnipotente?... Restate in me come nel tabernacolo, non allontanatevi mai dalla vostra piccola ostia...

Vorrei consolarvi dall'ingratitudine dei cattivi e  vi supplico di togliermi la libertà di dispiacervi. Se qualche volta cado per mia debolezza, il vostro sguardo divino purifichi subito la mia anima consumando tutte le mie imperfezioni, come il fuoco che trasforma ogni cosa in se stesso... Vi ringrazio, o mio Dio, di tutte le grazie che m'avete accordate, in particolare di avermi fatta passare attraverso il crogiolo della sofferenza. Sarò felice di vedervi comparire, nel giorno finale, con lo scettro della croce. Poiché vi siete degnato di darmi come eredità questa croce tanto preziosa, spero di rassomigliare a voi nel cielo e di veder brillare sul mio corpo glorificato le sacre stimmate della vostra passione.

Dopo l'esilio della terra, spero di venire a godervi nella patria, ma non voglio ammassare dei meriti per il cielo, voglio lavorare solo per vostro amore, con l'unico scopo di farvi piacere, di consolare il vostro Sacro Cuore e di salvare anime che vi ameranno eternamente. Alla sera di questa vita, comparirò davanti a voi a mani vuote, perché non vi chiedo, Signore, di contare le mie opere. Tutte le nostre giustizie hanno macchie ai vostri occhi. Voglio perciò rivestirmi della vostra giustizia e ricevere dal vostro amore il possesso eterno di voi stesso. Non voglio altro trono e altra corona che voi, o mio Diletto!...

Ai vostri occhi il tempo è nulla. Un giorno solo è come mille anni e perciò potete prepararmi in un istante a comparire davanti a voi... Per vivere un atto di perfetto amore, mi offro come vittima d'olocausto al vostro amore misericordioso, supplicandovi di consumarmi senza posa, lasciando traboccare nella mia anima i flutti d'infinita tenerezza che sono racchiusi in voi, e così possa diventare martire del vostro amore, o mio Dio!...

Che questo martirio, dopo avermi preparata a comparire davanti a voi, mi faccia infine morire e la mia anima si slanci senza alcuna sosta verso l'eterno abbraccio del vostro amore misericordioso...

Voglio, o mio Diletto, ad ogni battito del cuore rinnovarvi questa offerta un numero infinito di volte, fino a che, svanite le ombre, possa ridirvi il mio amore in un faccia a faccia eterno!...»

Maria Francesca Teresa del Bambino Gesù e del Volto Santo Gesù!

Festa della santissima Trinità, il 9 giugno dell'anno di grazia 1895

 

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Calice amaro

Lettera a Celina del 4 aprile 1889

«La tua lettera ha lasciato una grande tristezza nella mia anima! Povero Babbino! No, i pensieri di Gesù non sono i nostri pensieri... le sue vie non solo le nostre vie... Egli ci presenta un calice così amaro che la nostra debole natura si ritrae spaventata. Non ritiriamo le nostre labbra da questo calice preparato dalla mano di Gesù. Guardiamo la vita alla luce della realtà... È un attimo fra due eternità. Soffriamo in pace. Confesso che questa parola "pace" mi sembrava un po' forte, ma, l'altro giorno, riflettendoci a fondo, ho scoperto il segreto di soffrire in pace. Chi dice pace, non dice gioia, o perlomeno gioia sentita. Per soffrire in pace, basta solo volere ciò che Gesù vuole. Per essere la sposa di Gesù bisogna somigliare a Gesù, e Gesù è tutto sanguinante, coronato di spine!... Mille anni davanti ai vostri occhi, Signore, sono come il giorno di ieri, che è passato. Sulle sponde dei fiumi di Babilonia ci siamo seduti e abbiamo pianto, ricordandoci di Sion... Abbiamo appeso le nostre arpe ai salici di quella terra... Quelli che ci avevano condotti prigionieri ci hanno detto: "Cantateci un inno dei cantici di Sion". Come potremmo cantare il cantico del Signore in terra straniera? No, non cantiamo alle creature i cantici del cielo... ma, come Cecilia, cantiamo nel nostro cuore un cantico melodioso al nostro Prediletto!... Il cantico della nostra sofferenza unita alle sue sofferenze è ciò che più rapisce il suo cuore... Gesù brucia d'amore per noi... Contempla il suo volto adorabile! Contempla i suoi occhi spenti e abbassati!... Contempla le sue piaghe... Contempla Gesù nel suo Volto... Là vedrai quanto ci ama.»

 

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Nella debolezza

Lettera a Madre Agnese di Gesù, prob. maggio 1889

«Grazie al mio caro Agnello d'aver fatto nuovamente udire all'agnellino la musica del cielo. Il soave venticello ha scosso dolcemente la piccola canna... Erano le nove quando la canna ha scorto la preziosa letterina. Non aveva un raggio di luce, ma il suo cuore, prima ancora dei suoi occhi, ha riconosciuto a volo la musica di santa Cecilia. Non ne ha perduta nemmeno una nota!... Sì, bramo queste angosce del cuore, questi colpi di spillo di cui parla l'Agnello. Che importa alla piccola canna se deve piegarsi? Non ha paura di rompersi perché è stata piantata in riva alle acque. Invece di andare a toccare la terra, quando si piega, non incontra altro che un'onda salutare che la fortifica e suscita in lei il desiderio di nuove tempeste. È la sua debolezza che costituisce tutta la sua forza. Non potrebbe spezzarsi mai perché, qualunque cosa le accada, non vuol vedere altro che la dolce mano del suo Gesù. Talvolta, i piccoli colpi di vento sono più difficili a superarsi per la fragile canna delle grandi tempeste perché allora, mentre vorrebbe immergersi di nuovo nell'amato torrente, i colpi di vento non sono forti abbastanza per piegarla così in basso. Sono queste le punture di spillo...

Ma nessuna sofferenza è troppo grande per conquistare la palma...»

 

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Preghiera per ottenere l'umiltà

Preghiera composta per suor Marta di Gesù, 16 luglio 1897

«Gesù!

Gesù, quando eravate pellegrino sulla terra avete detto: "Imparate da me che sono mite ed umile di cuore e troverete riposo alle anime vostre". O potente Sovrano dei cieli, sì, l'anima mia trova riposo nel vedervi, rivestito della forma e della natura di schiavo, abbassarvi fino a lavare i piedi dei vostri apostoli. Mi rammento allora delle parole che avete proferito per insegnarmi a praticare l'umiltà: "Vi ho dato l'esempio, affinché anche voi facciate come go fatto io. Il discepolo non è da più del Maestro... Se voi comprendete ciò, sarete beati mettendolo in pratica". Le comprendo, o Signore, queste parole uscite dal vostro Cuore mansueto ed umile, le voglio mettere in pratica con il soccorso della vostra grazia.

Voglio umilmente abbassarmi e sottomettere la mia volontà a quella delle mie consorelle, non contraddicendole in nulla e senza cercare se hanno o non hanno diritto di comandarmi. Nessuno, o mio Diletto, aveva tale diritto su di voi, e tuttavia avete obbedito, non soltanto alla santa Vergine e a san Giuseppe, ma anche ai vostri carnefici. Ora è nell'Ostia che vi vedo portare al colmo i vostri annientamenti. Quale umiltà, divino Re di gloria, nel sottomettervi a tutti i vostri sacerdoti senza fare alcuna distinzione tra coloro che vi amano e coloro che, ahimé, sono tiepidi o freddi nel vostro servizio! Alla loro chiamata voi discendete dal cielo; essi possono anticipare o ritardare il tempo del santo sacrificio: voi siete sempre pronto!

O mio Amato, come mi apparite mite ed umile di cuore sotto il velo dell'ostia candida! Non potete abbassarvi maggiormente per insegnarmi l'umiltà: per corrispondere all'amore vostro, voglio anch'io desiderare che le mie consorelle mi mettano ognora all'ultimo posto e persuadermi sinceramente che è questo che mi è dovuto.

Vi supplico, Gesù, di mandarmi una umiliazione ogni qualvolta cercherò di elevarmi al disopra delle altre. Lo so, o mio Dio, voi abbassate l'anima orgogliosa, ma donate una eternità di gloria a quella che si umilia, Io voglio perciò mettermi all'ultima fila, condividere le vostre umiliazioni per aver parte con voi nel regno dei cieli.

Voi però, o Signore, conoscete la mia debolezza: ogni mattino prendo la risoluzione di praticare l'umiltà e alla sera riconosco che ho commesso ancora ripetuti errori di orgoglio. A tale vista sono tentata di scoraggiamento; ma capisco, anche lo scoraggiamento è effetto d'orgoglio. Voglio quindi, mio Dio, fondare la mia speranza su voi solo: giacché tutto potete, degnatevi far nascere nell'anima mia la virtù che desidero. Per ottenere questa grazia dall'infinita vostra misericordia, vi ripeterò spesso: "Gesù, mite ed umile di cuore, fate il mio cuore simile al vostro!"» 

 

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